L’Italia è a pezzi, e quel poco che rimane se lo stanno spolpando i figuri di cui raccontano le cronache; per la gioia di molti si stanno per fare debiti che peseranno per anni e anni persino su figli e nipoti, e chissà come verranno utilizzati i corrispondenti fondi; c’è una pandemia che oltre a danni alla salute sta creando sconquassi economici irreversibili; la politica, pressoché unitariamente, si sta spartendo risorse e potere e noi che facciamo? Ci appassioniamo alla disputa sul fatto che ci siano poche donne al potere nel nuovo governo. Prima che l’indignazione prenda il sopravvento sulla ragione dico subito che sono più che favorevole alla sacrosanta parità di diritti, ci mancherebbe. Però ora si sta esagerando. Sembra veramente che ci sia volontà nell’appiattire tutto, anche la differenza tra i sessi, che non è una faccenda gestibile in politica, ma è egregiamente regolata da sempre dalla natura. Allora parliamo di qualche cosa di veramente fondamentale, che manca, probabilmente se ne ostacola persino la sua valorizzazione, vale a dire il merito. A me francamente non importa proprio nulla di quale sia la percentuale di incidenza tra uomini, donne e persino omosessuali a decidere del futuro mio e dei miei cari, no, no, m’interessa meno di meno, mentre esigo che a dominare sia il merito, quello derivato da competenza, intelligenza e capacità, a prescindere dal genere. Questo conta, non il sesso e la parità della percentuale di mera distribuzione del potere tra questi. In conclusione, già ci dobbiamo digerire il manuale Cencelli per la spartizione del potere, non ci serve proprio il Cencelli del genere, mentre urge il riconoscimento del merito, di qualunque genere.
Giorgio Raviola