A Roma siamo entrati nell’anno di “disgrazia” 2020 con la consueta leggerezza italiana, un anno bisestile che per i superstiziosi significa sfiga, comunque ereditata dal poco felice 2019 che ha visto il nostro già screditato Parlamento affollarsi di facce nuove. Poteva essere qualcosa di positivo. Eravamo tutti nauseati dalla classe politica “tradizionale”, una folla di saccenti, spesso vecchie volpi astute solo nel farsi gli affari propri con i soldi dei contribuenti. La maggioranza, che in democrazia ha sempre ragione, ha tentato il colpo di reni, che è cosa ben diversa dal colpo di culo. Infatti, coloro che speravano in un miglioramento e nella dea bendata si sono ben presto accorti che si andava di male in peggio. Mai nella storia repubblicana, caratterizzata da instabilità e governicchi, si era visto un esecutivo più litigioso, incompetente, mediocre, incapace e nocivo. In Spagna dicono che fa più danno un tonto di un terremoto e che in politica è “siempre la misma mierda con diferentes moscas”. Ebbene, ci siamo ritrovati con un nugolo di moscerini. Li capeggia un distinto signore con compiti non invidiabili, poiché se è difficile pelare una gatta, diventa un incubo pelare i moscerini. Ancora più in alto, un altro uomo irreprensibile, ha dovuto mettersi le mani nei capelli incanutiti, poiché costretto dal rigido rispetto della Costituzione più bella del mondo occidentale e democratico a varare un esecutivo di scappati di casa. In questo quadro di instabilità, già foriera di sciagure, irrompe con il disgelo di un inverno troppo mite, prima la notizia e poi il contagio da parte di un virus monarchico, poiché dotato di corona, ma di matrice cinese, quindi totalitario. Qualcosa di giallo, insomma, tanto da essere visto quasi con simpatia dai sognatori della via della seta. Mentre col pugno di ferro nella Cina comunista si metteva in quarantena severa una metropoli più grande di Milano, chiamata Wuhan, e la intera regione del Hubei, con lo stesso numero di abitanti della nostra Italia, da noi si accoglievano senza precauzioni i cinesi reduci dai festeggiamenti in patria per il loro capodanno. Poi, a tombe piene e ospedali in tilt, a colpi di decretini si è ridotto agli arresti domiciliari l’intero bel paese, senza tuttavia adottare il pugno di ferro contro i trasgressori delle regole. Non è facile far credere e far capire al popolo avvezzo, anzi “educato”, al buonismo che, per cause di forza maggiore, ogni tanto bisogna anche obbedire e rispettare ordini molto duri. L’Europa dalle anime belle ci ha dapprima snobbati e poi imitati, anche perché è emerso che il primo ad essere contagiato è stato un tedesco, dopo un pranzo di lavoro con una donna d’affari con gli occhi a mandorla. Insomma, stiamo assaggiando un po’ di dittatura, nel suo aspetto positivo che è quello di dare un indirizzo al popolo, specie se riottoso e indisciplinato. Passerà anche il coronavirus, come tutte le altre sciagure e, magari, come nel dopoguerra si ripeteranno il boom economico e la dolce vita, ma a quel punto occorre augurarsi che i governanti, anche loro eliminati come la pestilenza dell’anno 20, siano sostituiti da gente con gli attributi. Non vogliamo la dittatura gialla o peggio ancora giallorossa, ma adottiamo i metodi cinesi contro le malattie infettive e le calamità che loro assomigliano. Ecco tre piccoli esempi. Primo: riconosciamo che la droga è una peste e gli untori sono gli spacciatori. Niente colpo alla nuca come in Cina, ma si allestiscano campi tendati montani, controllati dai militari, e si chieda ai reclusi di fare lavori di rimboschimento. Piccola retribuzione da accantonare affinché, scontati anni di pena, il condannato abbia un gruzzolo per reinserirsi in società. I drogati, ossia le vittime infettate, siano chiusi in strutture di disintossicazione forzata e rieducati. Secondo: si riconosca che il nomadismo non esiste più, poiché i nomadi sono stanziali in incivili campi di roulotte e baracche, dove non si rispettano donne e bambini. Si elimini questa stortura dando un tetto ai genitori e la scuola dell’obbligo ai piccoli. Si riconosca pure un reddito di cittadinanza in mancanza di lavoro e proventi onesti, ma si costringa il percettore a mettersi a disposizione dei comuni per un certo numero di ore settimanali di lavori socialmente utili. Terzo: considerando che le frontiere si possono chiudere e gli spostamenti controllare, si eviti di far entrare indiscriminatamente chiunque nel nostro paese e si controlli la fauna umana che vagabonda sul territorio dedicandosi ad attività non chiare, includendo nell’elenco la criminalità minore spesso manovrata dalle mafie. Forse è chiedere troppo egregi signori, ma, con lo stare in casa forzati a causa delle vostre sacrosante disposizioni contro il virus cinese, la gente sta ragionando e incomincia a pensare che un po’ di pugno duro potrebbe essere salutare.
Umberto Mantaut