Pur in forte ritardo, in modo anomalo e tutt’altro che consono, anche quest’anno per buona sorte scenderà l’autunno e cadranno le foglie. Per il sottoscritto che abita in campagna e che possiede uno spiazzo davanti casa, – bellamente incorniciato da alberi, arbusti e fitta bordura – foglie e ramaglie autunnali non sono mai state un problema, anzi! Di anno in anno, tutto teso ad imitare e assecondare Madre Natura, ho sopportato pazientemente i “rimbrotti” della mia consorte che non vedeva di buon occhio lasciassi pascere tutto quel “seccume”, sforzandomi di occultarlo qua e là, un po’ negli angoli o sotto gli alberi, un po’ sotto la bordura, come a nascondere la “polvere sotto il tappeto”. Ci vuole del tempo, ma poi se saprete resistere alle pressanti critiche della moglie, la Natura vi riempirà di doni preziosi, e, quel che più conta, anche il clima ci guadagnerà. Avete capito bene, proprio il clima! Da tutta una serie di studi recenti, emerge infatti che se si lasciano in giardino foglie e rametti senza rastrellarli per conferirli in cassonetti e discariche varie, si offre un grande contributo alla lotta contro il riscaldamento globale, il che, oggi come oggi e considerato quel che sta accadendo, non è certo cosa di poco conto. Queste foglie, rami e rametti che a malincuore definirei “rifiuti”, sono in realtà grandi doni offerti dalla Natura che, immagazzinando anidride carbonica (CO2), danno un forte contributo anche all’incremento della biodiversità, portandoci persino a risparmiare. Questo “miracolo”, lasciatemelo dire, si ripresenta di anno in anno nello spiazzo antistante la mia casa, apportando un humus scuro che possiede ottima struttura e trattiene bene acqua e sostanze nutritive, e che, insieme alle foglie in decomposizione, resta uno dei maggiori serbatoi di carbonio organico. Una notizia importante per gli amministratori locali che sono preposti alla cura del verde in città: ecologia vuole che il destino naturale delle foglie che cadono in autunno è proprio quello di venire accumulate dal vento sotto alberi e cespugli, per tornare poi a decomporsi nutrendo le radici. Poiché il modo migliore di gestire l’ambiente è quello che imita fedelmente la Natura, si rende necessario assecondare tale processo naturale, utilizzando anche solo uno strato di foglie di non più di dieci centimetri per coprire il terreno intorno alle piante perenni, tra gli arbusti e sotto le siepi, predisponendo ciò che in gergo tecnico si chiama “pacciamatura”. Tale copertura di foglie e affini proteggerà poi il suolo dal sole (un’irradiazione di questi tempi spesso eccessiva…), favorendo altresì lo sviluppo di microrganismi, funghi e batteri utili, conservando l’umidità e impedendo, più in generale, persino lo sviluppo di erbe infestanti. Ma non è finita: con l’occhio rivolto alla biodiversità, le nostre foglie ospiteranno anche una miriade di artropodi ed insetti, proteggendo altresì le radici dal gelo: proprio così, la Natura non perde un colpo per “fabbricare” vita! Col tempo, come si diceva prima, questa pacciamatura si decompone diventando, lo “sfatticcio”, di cui anche il sottoscritto profitta per mescolarlo ai vasi da fiore. Ritornando al clima, foglie e ramaglie in decomposizione insieme con l’humus costituiscono uno dei maggiori serbatoi di carbonio organico. Loro, in buona sostanza, sono piccole riserve di carbonio costituite in gran parte da gas CO2 che hanno assorbito alacremente dall’aria, mentre i minerali carpiti dal suolo costituiscono meno del 5%: ne consegue che quando foglie e rami vengono bruciati, o per produrre energia o altro ( e qui specie dalle mie parti la fanno spesso…), l’anidride carbonica CO2 in essi contenuta viene rapidamente restituita all’atmosfera, aggravando in tal modo la condizione da effetto serra di questo nostro Pianeta, il più bello che sinora si conosca in tutta la Galassia! Mantenendo nei parchi e giardini tutto questo materiale, invece, il carbonio viene immagazzinato efficacemente e il processo di decomposizione è notevolmente più lento, Lo studio conclude che se tutti ci impegnassimo a gestire in tal guisa questi rifiuti naturali, potremmo immagazzinare ben 600.000 tonnellate di CO2 l’anno (pensateci un po’ voi che presiedete al verde in città…), inoltre mette al bando i soffiatori, raccomandando ai privati di non utilizzarli e impiegarli nel settore pubblico solo quando strettamente indispensabile: oltre al danno a causa delle emissioni sonore, considerate anche l’impatto negativo sulla biodiversità del suolo di cui si parlava dianzi, della diffusione nell’aria dei batteri del terreno e dei patogeni contenuti negli escrementi dei cani ( e questo della mancata rimozione degli escrementi specie qui da noi è un grave problema di carenza di senso civico). Quanto ai rami più grossi si potranno collocare tra alberi e arbusti a formare piccoli mucchi in cui troveranno sicuro rifugio vari artropodi e bombi pronubi, lucertole, rospi, ricci e piccoli uccelletti, animali che peraltro terranno a bada i parassiti. Un albero che è seccato può essere utilizzato come panchina in perfetta sintonia con l’ambiente, certi come siamo che verrà presto colonizzato dai miei amici coleotteri, scavando gallerie per deporvi le uova e fornendo cibo con le loro larve a picchi ed altri animali; i fori saranno poi riutilizzati da api e vespe solitarie, imenotteri di grandi capacità nell’impollinazione incrociata delle piante. Basta mania di controllo, chiudono gli studiosi perfettamente in linea con la “Nature Restoration Law” dell’UE: in questo modo si aiuterà a portare tanta “Natura” nella vita delle persone, trasformando parchi e giardini in habitat ecologicamente ben strutturati e finalmente finalizzati alla biodiversità e alla vita.
Il Direttore
Valentino Valentini