E’ impressionante notare come ad ogni tornata elettorale l’astensionismo da parte degli elettori italiani aumenti progressivamente. Siam giunti al punto che sostanzialmente solo un italiano su due si reca al seggio nel giorno e negli orari previsti per votare. Forse, ma sembra che molti politici non la vogliano capire o puntino proprio sull’astensionismo, una delle cause della disaffezione degli elettori risiede nella scelta delle ore diurne della sola domenica, di solito destinata, specie nella bella stagione, a svaghi lontani da casa o nella seconda casa in comune diverso da quello di residenza. Probabilmente sarebbe più opportuno offrire maggiori possibilità di scelta aprendo i seggi già il sabato pomeriggio o chiudendoli al mezzogiorno del lunedì. Comunque, la disaffezione è senza dubbio legata allo spettacolo indecente offerto da sempre dalla politica di questo paese, con un impressionante peggioramento durante gli ultimi governi di non eletti. Inoltre, ma forse non proprio secondariamente, anche nella organizzazione del sistema elettorale la piovra spaventosa della burocrazia ha dovuto mettere uno dei suoi tentacoli. La cosa più semplice sarebbe per l’elettore presentarsi al seggio di persona, munito del suo documento di identità valido, votare e firmare in uscita per documentare di aver compiuto il proprio dovere. No! E’ prevista una “tessera elettorale” giallina fornita da un apposito ufficio comunale, con 18 caselle per la certificazione di voto. Se un elettore è ligio, considerando che si vota tutti i momenti, ben presto le caselle sono piene di timbri e per premio si pretende che il misero si rechi nell’ufficio elettorale per farsi dare una nuova tessera, in ore e giorni stabiliti, facendo magari una coda, spesso lontano da casa. Morale, basta seccature, si rinuncia al diritto di voto, tanto poi, il giorno dopo ci propinano la farsa degli innumerevoli segretari di partito, tutti trionfanti e vincenti perché hanno avuto due voti in più o due in meno, quando pensavano cinque. Poi si intriga e governano spesso i perdenti, e sempre gli incapaci. Gli italiani sono pazienti e bravi in tutto, alcuni però sono disordinati. Le tessere elettorali finiscono nelle case dei cittadini fra le scartoffie, si smarriscono, ci giocano i ragazzini, le mordicchia il cane che fa i dispetti quando viene lasciato solo. Insomma, il giorno delle votazioni la gente non trova il prezioso e indispensabile documento, fa spallucce e non va a votare. Chi si trova lontano dal comune di residenza per varie ragioni perde in sostanza il suo diritto al voto. In altri paesi civili è possibile votare a distanza con sistemi controllati oppure si può dare delega a persona fidata. Qui si pretende che un tale, a Milano per lavoro, ma residente a Nuoro, prenda permesso, viaggi a sue spese per mettere la sua crocetta sulla scheda, per capire poi, come abbiamo capito tutti, che del voto popolare non tengono conto e vanno al governo assurde ammucchiate di litiganti in servizio permanente effettivo. Così si scopre che la nostra somiglianza etnica, culturale e quasi linguistica con i nostri amici iberici e latinoamericani, anche loro afflitti da continui cambi di casacche e governi, hanno perfettamente ragione quando sostengono che la amministrazione della “res publica” è “siempre la misma mierda con diferentes moscas”.
Umberto Mantaut