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Recovery Fund, queste si che sono fortune (sic!)

Era appena il 1991 quando, secondo il rapporto messo a punto dalla società Business International, l’Italia era diventata la quarta potenza industriale del mondo, davanti alla Francia e alla Gran Bretagna. Ora, ad appena trent’anni dopo, siamo prossimi ad una crisi seria e della quale sembra che non se ne voglia prendere atto. Si, c’è euforia generalizzata per il Recovery Fund ottenuto dal Premier Conte dalla Commissione Europea, ma si tratta di debiti, tanti debiti, che debbono essere restituiti, e per l’ottenimento dei quali ci sono condizioni capestro, quelle che presumibilmente daranno il colpo finale al paese. E delle condizioni già se ne parla, mentre per vedere qualche soldo ci sarà da attendere parecchio, alla faccia dell’emergenza. A suggerire (sic!) le condizioni sarà una task force europea, operante dal prossimo 16 agosto, per assistere i Paesi membri nella preparazione del loro piano di riforme nazionali da finanziare con il Recovery Fund. Detta così sembrerebbe quasi una benedizione, anche perché prestare soldi ad un paese come il nostro non è proprio impresa a zero rischi. Un paese dove ogni giorno si legge di qualche amministratore della cosa pubblica che è stato piuttosto generoso con sé e con i parenti, la giustizia sappiamo tutti come sta andando, emergono persino crepe nelle forze dell’ordine, l’immigrazione clandestina è un problema serio per il quale non si capisce quali siano le vere intenzioni, e su tutto c’è l’ombra di un sistema le cui proposte, si dice, siano difficili da rifiutare. Anche per tutto questo non è assolutamente pensabile che la task force europea sia oltremodo generosa, comprensiva e, soprattutto, disinteressata. Probabilmente è tutto qua il nocciolo della questione, ed il pensiero non può proprio farne a meno di correre a quanto ha subito, pagato e sta vivendo la Grecia. Però bisogna ammettere che siamo un paese originale, straordinario, che riesce persino a festeggiare eventi non propriamente favorevoli.

Giorgio Raviola

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