Tempo di campagna elettorale a Ladispoli e “ostilità” in corso tra le varie coalizioni a suon di bombardamento propagandistico. I “mezzi bellici” variano dagli inviti alle manifestazioni, dall’uso dei social, dei media cartacei, dei volantini, insomma di tutto quanto sia ritenuto efficace per coinvolgere l’interesse dell’elettore e determinarne la scelta finale, ovvero quella sospirata crocetta nel segreto dell’urna sui nomi in lista. Ma tutto questo che tipo di ripercussione può avere nella sfera emotiva dei destinatari di questa “battaglia” democratica, incruenta, ma non meno accanita? E il glamour del candidato che ruolo gioca? Ci può rispondere la scienza psicologica per bocca della dott.ssa Bruna Elisabetta Cimenti. (Psicologa Clinica Forense e Criminologa specializzata della gestalt psicosociale al quarto anno)
Bruna, come reagisce a livello emozionale l’elettore “bombardato” dalla propaganda, che tipo di meccanismo scatta nel nostro inconscio?
“In tempi di sovraesposizione mediatica incentivata dall’uso ormai quotidiano dei social, le informazioni in generale assumono una velocità di “consumo” rapidissima. Questi sono i tempi dove, un po’ per il timore dei contagi da Covid ancora in corso, e un po’ perché ci siamo disabituati al contatto sociale, molte attività “socializzanti” sono state sostituite totalmente o in parte, con le attivià “Social”, che possono costituire un falso percettivo. Mi spiego meglio: le emozioni sono risposte immediate a degli stimoli che arrivano al cervello attraverso gli organi di senso, e come tutte le risposte fisiologiche, rischiano di esaurirsi appena quello stimolo sparisce. Le attività virtuali si dimensionano proprio sulla modalità Stimolo-Risposta, dove lo stimolo manca però del contatto, del corpo e della fisicità dell’altro in campo con noi, poiché l’altro è rappresentato attraverso il filtro dello schermo. Dunque non esaurisce la completezza di raccolta informativa di tutti e 5 gli organi di senso che, di norma, orientano la ricostruzione di una informazione così come noi la percepiamo. La cosiddetta Metacominucazione, che viene arricchita di quei connotati maggiormente fisici, come la prossemica, il tono della voce e l’uso del corpo, che nella proiezione di una immagine attraverso lo schermo, mette il fruitore in un dimensione passiva di ricezione di informazione, eliminando quasi del tutto la partecipazione della relazione tra chi manda il messaggio e lo riceve. Si diventa privi del legame tra gli interlocutori. Ed è il legame che costruisce il senso di appartenenza ad una collettività. I legami, non si esauriscono in una rapida decodifica dettata dallo stimolo risposta. Non si fermano alla “pancia” dell’elettore”, perche passa attraverso una partecipazione attiva e reciproca. Per costruirlo è necessaria fisicità, fare esperienza di relazione, di condivisione di episodi di vita comune, stimolare il senso di appartenenza ad un progetto, che ben va oltre al Plavloviano indicatore “stimolo-risposta”, e che necessita del corpo in campo. E di farlo insieme. Possiamo paragonare il social alla vetrina di un negozio: offre un primo stimolo di ciò che si può trovare dentro, ma è necessaria una verifica, “toccare con mano”, per capire se l’abito è della taglia giusta e se indossato si confà alle nostre aspettative.”
Andiamo oltre il voto per convinzione ideologica nonché programmatica e parliamo di “glamour” della candidatura agli occhi dell’elettorato comune: donne che votano per solidarietà di genere o non votano donne perché attratte da un certo “fascino” maschile e viceversa. Può succedere?
“La parola Glamour che hai utilizzato mi risuona di passerella pubblicitaria legata ai campi della moda e dell’immagine. Ed è calzante, poiché spesso la figura femminile viene interpretata dalle discipline artistiche, dalla letteratura e dalla storia con un doppio standard culturale: donna bella e angelicata, donna seduttrice e accentratrice, donna manipolatoria e fragile, donna meno capace dell’uomo nei lavori manuali, donna regina del focolare, valorizzando continuamente un modello separativo e comparativo, fondato sull’ ”o-o”, piuttosto che quello cooperativo e integrativo dell’ “e-e”. e rafforzando dei giudizi a priori, pregiudizi, appunto, in qualche modo convalidati dal dire sociale. Si valorizza culturalmente attraverso la diffusione mediatica, prevalentemente e ancora, il modello dei se’ divisivi (voto per solidarietà di genere o non voto perché attratta da un certo “fascino maschile” o viceversa). E qui si pone l’attenzione a come ognuno, a suo modo, vive e interpreta il proprio ruolo, funzione e compito personale nella vita sociale, che sia la famiglia, il lavoro, la cittadinanza. Cito testualmente il libro di S. Sorgi, F, Bertè “Felicità cercasi. Pratiche personali e collettive”, Egea editore, che trovo calzante poiché declina in modo chiaro e pratico come sperimentare fiducia nelle proprie scelte individuali abbia delle indubbie ripercussioni su come queste incideranno sugli effetti collettivi, passando, dunque, in maniera consapevole dal progetto di felicità individuale a quello di comunità, costituendo un forte impatto proattivo sulla salute ed il benessere di una comunità: “Una società diventa comunità solo se si attivano modelli di coprogettazione che non siano orientati alla spartizione delle attività, ma aumentino la possibilità di dare esito positivo ai progetti varati dalla rete” , e ancora: “ … “per essere di supporto agli altri non basta essere buoni, ma bisogna essere anche bravi. La bravura richiede almeno tre requisiti: metodi sperimentai e riproducibili, continuo confronto con le buone pratiche e sistemi di misurazione e garanzia”. Ed io aggiungo non occorre essere uomo o donna per essere bravi, riconoscibili di meriti, e capaci di gestire la cosa pubblica nel rispetto della costruzione di un progetto per la collettività. Piuttosto essere persone esercitando in sè entrambe le funzioni, quella maschile e femminile, che sono parte integrante dell’Essere Umano, e che abbiano questi requisiti. Perché chi guarda fuori sogna, chi guarda dentro si risveglia. E mi auguro di cuore – conclude la dott.ssa Cimenti – che sia giunta l’ora di un risveglio collettivo, proattivo di maggiore gentilezza, per poter accompagnare i cittadini verso un moderno percorso di co-costruzione di comunità”.
Carla Zironi