La colossale statua di rame dorato, in realtà alta metri 4,16, svetta sulla guglia più alta del magnifico Duomo ad un’altezza di metri 108,50. Vedendola da lontano brilla davvero “tuta d’òra e piscinina”, ma non sembra giusto attribuire a Maria Nascente, alla quale è dedicato il grande tempio, un carattere imperioso con quel “ti te dominet Milan”, poiché semmai è sempre stata l’affettuosa Madre protettrice della città. La Madonnina è rimasta in piedi al suo posto, trepidante ed impavida, mentre durante la guerra grandinavano su Milano le bombe “alleate” ed interi quartieri, visti da quell’altezza, crollavano in un mare di fiamme. Sotto la Sua protezione la casa del Signore, simbolo della città, subì pochi danni, ma per intercessione mariana si salvò soprattutto lo spirito dei milanesi. Chi arriva per la prima volta a Milano in ferrovia è colpito dall’immensa volta della Stazione Centrale, monumento del “ferro” quasi coevo della Tour Eiffel, dei grandi ponti e delle stazioni europee, simboli della rivoluzione industriale e dell’avvento dell’economia baldanzosa del carbone e dell’acciaio. Anche altrove a Milano si ripete l’impressione olfattiva che si riceve scendendo dal treno, un odore di ruggine, fumo di vaporiere e afrore di ruote in frenata sul fascio lucente dei binari della grande stazione. All’uscita dalla Centrale di Milano si capisce subito che si tratta della metropoli più nordica d’Italia e più meridionale del nord-Europa. La facciata della stazione, datata 1912 a firma di Ulisse Stacchini, incombe sulla Piazza Duca d’Aosta ispirandosi ai modelli dei grandi scali ferroviari tedeschi, ma ha l’aspetto di un monumento egizio in un brutto miscuglio di stili liberty ed eclettico. Il piazzale offre il consueto spettacolo italiano di confusione e disordine, con l’aggravante di un cosmopolitismo malriuscito. Sulla destra della Stazione Centrale, Milano ha sviluppato un grande centro direzionale, in un certo senso agevolata dalle distruzioni belliche. In enormi cantieri sono sorti grattacieli che dovrebbero conferire alla metropoli un taglio americano. Il primo che destava meraviglia ed era affettuosamente chiamato il “pirellone” oggi sembra quasi un nano al confronto con altri “skyscrapes” postmoderni La cosa assume aspetti negativi nel vecchio centro ottocentesco e intorno al Duomo. Purtroppo vaste aree apparvero irrecuperabili dopo le spaventose distruzioni belliche, sicché si demolì e si edificò con criteri nuovi che stonano nel contesto della città antica. Il grandioso tempio gotico, come è avvenuto a Colonia e in altre città tedesche, è assediato da scintillanti edifici moderni. Le piazze San Babila, Fontana, Affari e Diaz, cuori della finanza milanese e molte vie del centro sono piene di edifici nuovi sorti con l’aspetto di funghi di cemento come la Torre Velasca. Arrivando da Torino che rivaleggia con la metropoli lombarda per ampiezza e industrializzazione, ma ha un taglio monumentale da capitale di regno, i grandi viali alberati, i parchi, i fiumi e le colline, Milano sembra una metropoli piatta, grigia, priva di alberi e brumosa, ma poi si scoprono le “alzaie” lungo i navigli, il verde del parco Sempione dietro il magnifico Castello Sforzesco, i numerosi gioielli dell’arte un po’ nascosti, come il Cenacolo Vinciano a Santa Maria delle Grazie, la Galleria Brera, l’antica chiesa di S. Ambrogio, i ricchi palazzi della nobiltà e La Scala, il più famoso teatro lirico del mondo. I Milanesi, alquanto superbi ma anche autoironici, ricordano proprio nella loro emblematica canzone popolare che “Milan l’è ‘n gran Milan”, però non nascondono la bruttezza di certi rioni poveri, “portacicche la Bovisa el riun d’i ciapacan” e trovano amabile persino la loro nebbia puzzolente di fumi velenosi, “e la nebia che belesa la va giò per i pulmun”, non dimenticando la frecciatina contro il meridione, “canten tucc lontan de Napoli se moeur ma po’ i vegnen chi a Milan”. A Milano tutto si esprime in termini di denaro o in fredde unità di misura. Nessuno dice ho un bell’attico con vista sul Duomo, ma ho un 350 metri quadri a San Babila. Essere sanbabilini è il privilegio dei figli di papà e che papà, mentre le mamme passano il tempo in Via Monteleone, dove i prezzi degli articoli di lusso pare siano i più alti del mondo. Per queste “siure” l’aria viziata ha poco importanza, basta fare come fanno loro che passano gran parte dell’anno a Montecarlo, non capendo che i ricchi coniugi “bauscia” le esiliano per spassarsela con le segretarie, magre e verdoline per mancanza di sole e diete a base di salade niçoise. I milanesi, anche quelli meno fortunati, mai ammetterebbero di aver commesso errori, tutti i problemi si risolvono sempre o quasi con un “ghe pensi mi”. Comunque, Milano fa di tutto per mantenere il suo ruolo di capitale economica d’Italia e sembra proprio che ci stia riuscendo con “ferrigna” volontà. La Madonna tutta d’oro veglia in effetti su una città di acciaio, con un carattere non proprio duttile e malleabile come il metallo prezioso, bensì caparbio come quello di tutti i cittadini della Mitteleuropa nella quale Milano desidera collocarsi a pieno titolo, tenendo sempre testa a Roma che vorrebbe trascinarla verso mollezze mediterranee, astuzie levantine, fumosi bizantinismi, equivoci balcanici e fatalismi nordafricani. All’ombra del Duomo e della famosa Madonnina i milanesi sono convinti che “solo a ti se viv la vita, se sta mai coi man in man”.