Il torrente Maira scorre per circa 40 km fra le pareti boscose di una delle valli del Cuneese che i piemontesi chiamano provincia “Granda”. La Val Maira o Macra è una delle più belle del Piemonte, ma al tempo stesso una delle più povere, forse per sua fortuna, così il turismo di massa l’ignora e può conservare intatto il fascino dei suoi boschi ombrosi, la pace dei pascoli ricchi di flora alpina rara e il silenzio dei valloni laterali dalle gole selvagge. Le severe Alpi Cozie sono dominate da queste parti dal Monte Chambeyron, m.3.389, ma i massicci non hanno impedito nei secoli gli scambi fra le popolazioni dell’antico Piemonte e quelle della Provenza, sicché gli idiomi locali, lontanissimi dall’italiano e sostanzialmente francofoni, in alcune comunità montane isolate sono esempi sopravvissuti dell’antica lingua occitana. La Val Maira s’allarga verso la pianura in corrispondenza della graziosa cittadina di Dronero. Il torrente è scavalcato dallo storico Ponte del Diavolo, merlato con tre archi disuguali. Nel centro s’ammirano vecchie case trecentesche, la parrocchiale romanico-gotica dei SS.Andrea e Ponzio e la leggiadra Loggia del Grano. A poca distanza da Dronero, lungo una strada secondaria che passa accanto all’antica chiesa romanica di San Pietro in Vincoli, si raggiunge il villaggio di Villar San Costanzo. Nelle sue vicinanze, una vecchia mulattiera s’insinua nei boschi. Ad un tratto appare una radura cespugliosa e ci si trova al cospetto dei “Ciciu del Villar”. Si tratta di un piccolo esercito di colonne terrose sovrastate da lastre di gneiss. Sono il frutto di fenomeni millenari d’erosione, ma hanno le fattezze di personaggi preistorici, pastori primitivi, figure incappucciate, rigide, diffidenti e schive. Il Ciciu può perfettamente rappresentare per aspetto, compostezza e comportamento il vecchio piemontese, una creatura in via d’estinzione, specie nella capitale regionale e nelle grandi città invase prima dalla incontrollabile immigrazione dal sud ed oggi dall’arrivo di grandi masse di stranieri. Il Piemonte non ha affatto una vocazione multirazziale e multietnica. Tende a rannicchiarsi sempre più a ridosso del suo riparo naturale, rappresentato dall’arco imponente delle Alpi. Il piemontese guarda oltre le Alpi, ma non gli converrebbe diventare francese. La Francia, egocentrica e sciovinista, qualora il Piemonte fosse un suo dipartimento lo considererebbe come un parente povero, una provincia meridionale la quale, come la Corsica, incomincerebbe a nutrire pensieri secessionisti. Con tali premesse, gli animi del Piemonte sono pervasi da un sentimento di chiusura. Nelle innumerevoli valli alpine, anche nelle località più famose per le villeggiature estive e gli sport invernali, gli abitanti rivelano arretratezze mentali incredibili, veri e propri blocchi inconcepibili nell’era dei computer e dei mass-media, per loro natura invadenti, ma al tempo stesso simili ad enormi occhi aperti sul mondo esterno. Come i Ciciu del Villar, i vecchi piemontesi preferiscono non parlare e osservare il resto dell’umanità con freddezza “minerale”, si rifugiano nel fitto del bosco delle loro tradizioni, che erano modernissime nel medioevo e restano medievali nell’età moderna. Durante l’estate che è la stagione più vivace per una regione oppressa da un inverno piuttosto lungo, freddo ed umido, nelle comunità delle vallate alpine, nelle innumerevoli cittadine agricole della pianura e nei bellissimi centri delle vaste sottoregioni collinari, dal Canavese alle Langhe, dal Monferrato al Verbano, sopravvivono manifestazioni folcloristiche locali, con danze, giochi in costume, esposizioni artigianali, degustazioni di prodotti tipici.
Il Piemonte è terra di vini famosi, formaggi prelibati, costosissimi tartufi. La cucina è molto particolare, ma non si è mai affermata a livello internazionale. L’artigianato raggiunge vette straordinarie di raffinatezza, ma è praticamente impossibile trovare, per esempio, una stufa di Castellamonte di ceramica artistica in una casa non piemontese. Una folla estranea accorre durante le fiere e le feste di paese, ma quando rifluisce a bordo di un fiume rumoroso d’automobili lussuose, le bande ripongono i vecchi strumenti musicali, i paesani si spogliano dei costumi tradizionali, si rimettono gli abiti firmati dei cittadini ricchi e il Piemonte si ripiega sotto il peso della sua solitudine. Milioni di anni fa, fra i boschi del Villar, i Ciciu avevano già capito che fine avrebbe fatto il vecchio Piemonte, si erano incappucciati e avevano smesso di parlare con gli intrusi
Notizie utili
Scheda sul parco dei Ciuci del Villar
Parcheggio al Parco dei Ciuci del Villar
GPS N 44°29’22” E 7°23’00”