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frutta esotica

Pole pole

I nostri amici africani che vivono nella fascia equatoriale hanno forse una visione delle cose molto più saggia della nostra e sono dotati di un particolare “sense of humor”. Nulla a che vedere col famoso umorismo britannico. Infatti, noi mediterranei e molto vicini all’Africa, probabilmente madre del genere umano, di fronte a una battuta inglese spesso non ridiamo. Al massimo sorridiamo imbarazzati non osando ammettere che non abbiamo afferrato il senso. Ci consola sapere che quando sulle sponde del mare nostrum prosperavano le grandi civiltà egizia, fenicia, cartaginese, greca e romana, i crucchi, i britanni e gli scandinavi erano appena arrivati a capire che le ghiande sono commestibili in caso di carestie. I tepori dell’Oceano Indiano e la rara fauna degli altopiani dell’Africa orientale, assai più della sponda atlantica, attirano frotte di turisti europei e noi italiani siamo molto assidui e accolti con grande simpatia. Con la lingua locale swahili abbiamo difficoltà, gli africani si divertono molto ad apprendere parole nostre. Spesso il turista malizioso insegna parolacce e battute comiche. I locali si divertono un mondo. Se una milanese pallida come un morto con venature verdastre causa smog si stende al sole su una delle meravigliose spiagge del Kenya o della Tanzania, ecco che un giovanotto si avvicina e saluta con un “jumbo jumbo mozzarella”. La turista non si offende, ammirata di fronte ai sorrisi con tutti quei denti sani e candidi e a quella pelle di cioccolata che mai riusciremmo ad acquisire nonostante ettolitri di abbronzanti. Jumbo non si riferisce a un aereo di linea, ma è il “ciao” o buongiorno locale. La lingua swahili ha aspetti impossibili specie per la numerazione e per concetti complessi, basti pensare che dicembre è “mwezi wa kumi na mbili”; sono le sei e mezza diventa “ saa kumi na mbili ya asubuhi na nusu”. Al contrario sembra facilissima e orecchiabile per le cose semplici. Molte parole sono bisillabiche e ripetute due volte in rapida successione. Dopo otto ore di volo, mentre ci affanniamo per il recupero bagagli nei loro caotici aeroporti, ecco che compare un ragazzo disposto ad aiutare, ovviamente dietro mancia. Ripete molte volte “pole-pole” e si entra subito nello spirito dell’Africa tropicale. Pole-pole vuol dire piano piano, non c’è fretta, stai calmo, rilassati. Si entra in un mondo al rallentatore. Di fronte a un problema loro dicono spesso “hacuna matata”, appunto non c’è problema, non ti preoccupare, ma noi incominciamo a smarrirci come in Italia se si tratta di pratiche burocratiche, in banca, alle poste, in dogana o altri luoghi dove il “pole-pole” assume aspetti drammatici, perché lo applicano gli impiegati. Se dicono “matata minghi” possiamo tradurre tranquillamente: “son cazzi tuoi”. I calmissimi africani hanno comportamenti folli e impazienti soltanto al volante. Si dovrebbe viaggiare all’inglese con guida a sinistra, che diventa a ziz zag su strade dissestate chiamate bara-bara. La nostra mente corre alle nostre autobarabare con viadotti progettati da un certo Morandi e allora concludiamo che tutto il mondo è paese. L’Africa sorprende perché popolata da gente giovane e sorridente, ma la figura del vecchio “mzee” è molto rispettata. Sembra che la miseria e le difficoltà siano uno stimolo alla moltiplicazione favorita dalla poligamia. Fare sesso si dice “tomba-tomba” e, da un po’ di tempo, considerando che molti sono sieropositivi, c’è da tremare come sulle “bara-bara”. Se uno vuole vedere uno di questi festosi africani rabbuiarsi deve dirgli sbrigati, cioè “araka-araka”, che per loro è una vera e propria parolaccia. I gestori delle strutture di accoglienza, molte delle quali in stile locale, magnifiche e a cinque stelle, con qualche disservizio da due stelle, hanno capito che gli europei hanno orrore dei rifiuti, pur essendone i primi produttori. Presto occorre apprendere che la pattumiera si chiama “taka-taka” e, stranamente, anche gli incivili che da noi gettano le cicche accese dai finestrini delle auto, durante i safari e in spiaggia sembrano tutti cultori della ecologia. Gli europei all’inizio diffidano dei cibi locali, ma poi si accorgono che esistono prelibatezze da non perdere. Sulla costa il pescato è eccellente e ovunque i frutti tropicali, che in Europa arrivano a maturazione forzata, sono una vera delizia. Le spezie modificano i sapori, ma contribuiscono a sanificare le pietanze. Il pili-pili, ossia il peperoncino è molto usato. Per concludere si riporta un appunto lasciato in tedesco da una romantica turista svedese sul tovagliolo di un hotel degli altipiani: “ A colazione servono mango, presentato come un fiore aperto dai petali ricoperti di protuberanze succose. I Ghiriama lo chiamano “embe”. Da noi giunge acerbo e acidulo, ma in Africa, appena colto dall’albero, è una delizia. Ha colore d’albicocca e un sapore indescrivibile di fragola, papaia, pesca, lima, chirimoia, lampone, mela verde e passiflora, con retrogusto di metallo prezioso, come  baci indimenticabili. Li ho immaginati sempre come i fiori più belli del mio giardino, ma forse erano frutti e non avevo il diritto di staccarli dalla pianta e farli miei per nutrirmi di loro. Posso solo irradiarli con il calore del mio amore e lasciarli lassù irraggiungibili a maturare per chi li merita più di me”.

Umberto Mantaut

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