Ecco qua, siamo arrivati alla colpevolizzazione popolare di chi non va a votare. Una volta erano i politici a farlo, ma era comprensibile, non certo giustificabile, perché il rimborso elettorale per i partiti era per ogni votante. Poi i nostri cari eletti hanno introdotto la modifica, che oltre ad aumentare la quota spettante, considera il computo dei rimborsi sugli aventi diritto al voto, non più sui votanti. Ciò significa che loro i soldi li prendono indipendentemente che si vada o no alle urne. Da allora hanno smesso di colpevolizzare i non votanti, e nemmeno si preoccupano più di tanto per l’accresciuta fuga dalle urne, anzi. E’ vero, molto teoricamente, che chi non va a votare poi non avrebbe nemmeno il diritto di lamentarsi, ma un’esamina del crescente astensionismo, che ha superato ormai il 50%, va fatta. Attribuire menefreghismo, indifferenza e cinismo alla metà degli elettori è un po’ pretestuoso ed ha il sapore di un processo sommario. Già, perché tra questo esercito di persone ci saranno anche tanti che non credono più in questa inetta, scadente e scaduta generazione politica, sia di destra che di sinistra, tanto per semplificare. Allora come manifestare il proprio dissenso se non con l’astensionismo? Perché sostenere persone che invece di decidere ed operare per nostro conto vengono proposti solo per ubbidire, per permettere ad un sistema ormai padrone di tanta parte di mondo di governare come meglio crede. Come far capire a chi dall’opposizione manifesta, urla, sbraita e sa come risolvere tutti i problemi ma poi, una volta al comando, cambia radicalmente ed interpreta silenzioso i desiderata dei poteri cosiddetti forti, accettando con fin troppa faciloneria le cose che fino al giorno prima contestava. Sarà mica per questo che non si propongono analisi profonde e serie sull’astensionismo? E che brutto quando il popolo si divide giudicando e condannando l’altra metà del popolo.
Giorgio Raviola