Alla casa del Popolo di via Rimini 10, si è svolto un incontro vibrante ed emozionante con alcune donne iraniane, che sono state una voce narrante dei fatti che avvengono nel loro paese martoriato.
Sono passati proprio tre mesi dall’assassinio di Mahsa Amini, che è stato la miccia che ha acceso le proteste in Iran, iniziate prima dalle donne, ma poi da tutti i giovani, dagli intellettuali, da tutta la società civile e quindi anche dagli uomini.
A prescindere da questi momenti di grande tensione le donne iraniane rischiano ogni giorno di essere catturate dalla polizia morale, che può incarcerarle anche per una ciocca di capelli che sfugge dal copricapo, per questo ci appaiono fieramente coraggiose: fanno disobbedienza civile attraverso la rivendicazione del proprio corpo.
Lottano da sempre contro lo stato che vuole essere padrone delle loro vite: il velo imposto è solo la punta dell’iceberg dell’assoluta misoginia del regime teocratico iraniano.
Ogni legge è finalizzata a rendere le donne cittadine di meno conto, di meno valore, anche di fronte alla giustizia.
Da vessate le donne sono il vero motore di cambiamento, il fulcro della lotta e anche gli uomini se ne sono accorti.
Il taglio dei capelli simbolico che abbiamo visto fare a molte è segno di lutto, ma anche di non rassegnazione e rivolta.
Questa è la rivoluzione delle donne, degli studenti, dei professori, degli artisti.
La lotta delle eccellenze del paese.
Finalmente la gente in Iran è cambiata, non esiste più quel paese che alla fine degli anni 70 cacciò via la dinastia degli Scià Pahlavi, fatto di cittadinanza che vedeva nella religione l’unica salvezza e l’unica possibilità per la libertà.
Quella rivoluzione ha fallito.
Finalmente è chiaro a tutti che la repubblica islamica che poggia sul fondamentalismo religioso è un paradosso per il rispetto della libertà e della dignità delle persone.
L’unica arma che hanno queste donne e questi uomini per la loro battaglia è il sostegno internazionale, e cercano in tutti i modi di farci conoscere la loro realtà, la loro coraggiosa disobbedienza anche attraverso internet, che è uno strumento fondamentale per poter portare avanti le loro grida e che spesso la censura di regime blocca per non dare eco alle proteste.
Un’altra importante e fondamentale pratica di aiuto che possiamo fare è dare un patrocinio ai prigionieri politici, questo avviene attraverso una specie di “adozione” da parte dei parlamentari occidentali.
Faremo leva sui nostri deputati e senatori affinché i riflettori non si spengano mai, aiutiamo a porre fine alla terribile mattanza di cui sono vittime la parte più bella dell’Iran: le donne ed i giovani.