Durante questi 3 anni ed oltre di pandemia da Covid-19, la nostra attenzione è stata fortemente concentrata sul tema delle Residenze sanitarie assistite (RSA) e su tutte le altre residenze per anziani.
Nel rapporto dell’Istituto superiore di sanità, elaborato a seguito e all’indagine sull’epidemia da Coronavirus nelle case di riposo, abbiamo rilevato che dal primo febbraio ai primi giorni di maggio 2020, nelle RSA sono risultati 9.154 decessi avvenuti, in quel periodo prevalentemente in Lombardia, Piemonte e Veneto.
Un dato, ovviamente, parziale e da considerare con precauzione, che non riguarda tutte le strutture italiane e nemmeno tutti i morti per o con Covid-19, ma che induce a riflettere sulla situazione, anche attuale, delle residenze per anziani, un ambiente da considerare delicato in cui la mortalità è stata piuttosto elevata anche alla luce di un quadro generale che ci vede essere il Paese più anziano d’Europa, dove le nascite sono minori rispetto ad una crescita della popolazione anziana, in cui, rispetto ad altri Paesi limitrofi, le aspettative di vita sono più lunghe, ma anche un Paese dove la disponibilità di posti letto nelle case di riposo non sembra essere in linea con le necessità.
Le residenze per anziani, le Case protette, gli Hospice ed in generale le strutture che svolgono attività di tipo residenziale-assistenziale sono, però anche un grande business per il privato. Secondo quanto riportato dal Ministero della Salute, le residenze per anziani crescono notevolmente nel corso degli anni e, tale crescita, ha visto in particolare la presenza di privati nella loro gestione. Il Gruppo Korian Segesta ha un fatturato di oltre tre miliardi con 47 residenze per anziani e il gruppo Cir, al cui interno troviamo la famiglia De Benedetti che con il Gruppo Kos, che,a sua volta gestisce 92 strutture in Italia. Un “affare economico” che negli anni è cresciuto enormemente “un business” che fa perdere di vista il concetto di assistenza. A tale riguardo è particolamente interessante notare che le residenze per anziani in cui sono emersi reati gravi (abbandono di persone incapaci, maltrattamenti, omicidi colposi, esercizio abusivo della professione, troppi ospiti in una stanza, scarsa pulizia, pasti o alimenti in cattivo stato di conservazione) a seguito di ispezioni da parte dei NAS per oltre il 75% riguardano proprio le case famiglia e i privati convenzionati.
La riforma delle RSA, anche alla luce di tutto ciò che abbiamo visto fino ad ora, sembra pertanto necessaria. In merito a tale situazione, a settembre 2020, presso il Ministero della salute, è stata istituita una commissione di esperti che avevano l’obiettivo di “formulare proposte per la riorganizzazione del modello assistenziale sanitario e sociosanitario dedicato alla popolazione anziana” attivando, a tale fine, una serie di audizioni per avere uno sguardo completo sul tema delle RSA. Tra le Associazioni consultate c’è stata anche l’Auser (Associazione per l’invecchiamento attivo), che ha proposto una serie di azioni concrete volte a migliorare e riformare l’assistenza agli anziani in Italia, cercando di far interagire in maniera ottimale residenzialità e domiciliarità. Secondo l’associazione i problemi delle RSA nel nostro Paese sono noti ed occorrerebbe innanzitutto “produrre una nuova offerta abitativa e di servizi di assistenza sociosanitaria domiciliare in grado di mettere le persone in condizione di cercare e trovare autonomamente risposte efficaci ai propri bisogni, riducendo le barriere che i più diffusi modelli abitativi e di organizzazione dei servizi oggi impongono ai soggetti fragili”. Questo consentirebbe di superare la drastica frattura tra servizi domiciliari e residenziali. Attualmente infatti le case di riposo sono viste come un luogo chiuso, che difficilmente può interagire con un’assistenza domiciliare ma, anzi, ne è l’altra faccia della stessa medaglia
Secondo l’associazione quindi, le RSA dovrebbero essere viste più come delle case di transizione, dei luoghi dove trovare ristoro o assistenza ma che non devono entrare in contrasto con l’assistenza anche nelle abitazioni degli anziani.
Un recente comunicato dello SPI/CGIL e della UILP mette in evidenza che anche nei comuni di Cerveteri e Ladispoli sono in atto quei cambiamenti demografici e sociali determinati dell’invecchiamento della popolazione.
Colpisce il dato sull’incremento degli assegni di accompagno negli ultimi 5 anni: 25% in più, stante ai dati forniti dalle OOSS. Si tratta di persone non in grado di provvedere agli atti quotidiani della vita.
Oggi nella ASL Rm4 non c’è una RSA pubblica. Quelle esistenti sono tutte affidate alla sanità privata, in linea con il dato nazionale.
Una istituzionalizzazione strisciante degli anziani che spesso per le loro patologie, con validi interventi di assistenza domiciliare, potrebbero rimanere nelle proprie abitazioni, con una qualità di vita sicuramente superiore e più soddisfacente per le stesse persone che non devono essere sradicate dal proprio contesto di vita. Ma l’assistenza domiciliare, sia quella sanitaria che quella sociale sono ridotte al lumicino.
Bisogna essere ben consapevoli che questa fascia di popolazione vive spesso una condizione di isolamento che impedisce di conoscere i servizi e gli aiuti che la ASL, i Comuni, il distretto sociale potrebbero fornire loro.
Occorre, pertanto, costruire una strategia che miri a migliorare le loro condizioni di vita innanzitutto migliorando la comunicazione delle informazioni relative all’assistenza territoriale attraverso la promozione di programmi di prevenzioni delle malattie con progetti d’invecchiamento attivo( Piano sociale di zona – Art.3, comma 3 della legge regionale “ Disposizioni a tutela della promozione e della valorizzazione dell’invecchiamento attivo”); farsi carico di attivarsi presso la ASL per il potenziamento di servizio di assistenza domiciliare socio-sanitario e potenziare l’assistenza domiciliare integrata (ADI) con interventi di assistenza sia sanitaria che sociale, coinvolgendo anche il terzo settore ed il volontariato per programmi integrati di intervento
Una battaglia politica che intendiamo intraprendere per cambiare verso al sistema sanitario e alle politiche sociali.
𝑅𝑜𝑠𝑠𝑎𝑛𝑎 𝑉𝑎𝑙𝑒𝑛𝑡𝑖𝑛𝑖
𝘾𝙤𝙤𝙧𝙙𝙞𝙣𝙖𝙩𝙧𝙞𝙘𝙚 𝙙𝙚𝙡 𝘾𝙞𝙧𝙘𝙤𝙡𝙤 𝙎𝙞𝙣𝙞𝙨𝙩𝙧𝙖 𝙄𝙩𝙖𝙡𝙞𝙖𝙣𝙖
𝙍𝙤𝙢𝙖 𝙇𝙞𝙩𝙤𝙧𝙖𝙡𝙚 𝙉𝙤𝙧𝙙
“𝙈𝙖𝙝𝙨𝙖 𝘼𝙢𝙞𝙣𝙞“