Agli occhi dell’Europa e del mondo intero, l’Italia si è sempre presentata come un paese da operetta, specie per la sua bizzarra vita politica. Per altri versi ciò è paradossalmente positivo, poiché gli altri popoli abituati a paesi “seri” trovano da noi atmosfere gaie, bel clima, gente amabile che sa godersi la vita, bellezze naturali e tesori d’arte. Accorrono a frotte e se ne vanno a malincuore, alcuni si trasferiscono qui in oasi di bellezza e pace. Che esistano buffoni di corte, giullari, comici, nani, ballerine, cantastorie e cialtroni, tutti personaggi da operetta, poco importa agli stranieri ed anche gli italiani che in fondo se la ridono. Per ragioni climatiche non possiamo coltivare banane, quindi ci è risparmiata la etichetta di repubblica delle banane. Registi e scrittori hanno offerto al mondo l’immagine di un paese della dolce vita, delle pizze delle spaghettate col sugo allietate da chitarre e mandolini, con un popolo che si arrangia e tira avanti. Purtroppo da troppo tempo, abbandonati i lazzi dell’opera buffa, siamo finiti in atmosfere austere da musica operistica e, come si sa, le grandi opere anche quando iniziano bene finiscono in tragedia. Potremmo iniziare dall’Aida, quando i tromboni hanno suonato la marcia trionfale per far entrare il bel paese nell’euro. La “lira”, anzi liretta, con i trucchi delle svalutazioni ci favoriva nell’esportare e faceva affluire valuta pregiata, si viveva spensierati e indebitati. Invece, con l’euro si è scatenata “l’ira” di Dio. Da un giorno all’altro ci siamo ritrovati con le ricchezze dimezzate e i prezzi raddoppiati. Il nostro Radames che pensava di guidare un esercito di prodi e meritare il plauso di Menfi tutta, è finito in cantina sigillata a morire di fame con Aida rinominata Italia, schiava fin dalle origini. Tuttavia, l’opera lirica più adatta a descrivere la tremenda situazione nella quale siamo precipitati, è senza dubbio La Traviata. Del resto, Dante, già secoli fa, definì l’Italia “non donna di province ma bordello”. Poco è servita, secoli dopo, la bigotta disposizione legale fatta approvare da una poco lungimirante progressista di far chiudere i lupanari. Le povere senza tetto si sono ritrovate da un giorno all’altro sul lastrico, detto anche marciapiede, alla mercé di ignobili sfruttatori e lo Stato lenone ha pure perso il gettito di quelle case che rilasciavano le “ricevute fiscali”. Alcune etere più furbe hanno fatto carriera in molti gangli dello Stato, ma quasi tutte hanno preferito il protettore ricco e si sono sistemate. Le vere prostitute, e nessuno si stupisca, affollano le camere ormai simili a postriboli e sono quasi tutte di sesso maschile. Si chiamano voltagabbana. A centinaia si fanno votare dai grulli per un partito, poi, con la disinvoltura delle consumate mantenute, passano da un partito all’altro, anche più volte durante una legislatura. Chi non trova conveniente vendersi al miglior offerente si infila nel “gruppo misto”, una bolgia di lussuriosi peggiore di quella degli infelici Paolo e Francesca. Della Traviata si riscontrano vari passaggi: la feste da Flora, dove i progressisti hanno sostituito le ostriche e lo champagne con vodca e caviale in ville suburbane dalle parti di Capalbio o nei palazzi romani dove si intriga meglio con accordi a geometria variabile con i partiti avversari, che improvvisamente diventano parte delle stesse maggioranze, purché “se magni”. A letto si va poco a causa della dilagante impotenza, parente della ignoranza e della incompetenza, ma in poltrona si rimane imbullonati. Poi viene la scena delle monete lanciate contro la Traviata dal geloso Alfredo, probabilmente nobile di origini belghe, considerando che la traviata Italia si è adattata a fare la mantenuta di Bruxelles, con la differenza che poi deve restituire i soldi delle marchette. Ci manca solo un Giorgio Germont che ammonisca: “di sprezzo degno se stesso rende chi pur nell’ira l’Italia offende”. Ciò che ci atterrisce è il finale dell’opera con la povera tisica che muore nonostante le iniezioni di PNRR che dovrebbero favorire la ripresa e la resilienza. Molti pensano che i giochi siano finiti, la buona stella abbia abbandonato il paese dell’operetta, caduta in una infausta notte di San Lorenzo dopo essere esplosa come una supernova frantumandosi in piccole micidiali cinque stelle. Invece, magari avremo il colpo di scena. I più attenti melomani sanno che la Traviata, prima di cadere stecchita, riesce a gridare “ ah ma io, ah ma io ritorno a vivere!”. Dunque a sipario calato sull’ennesimo governicchio di non eletti dal popolo sovrano abbandoniamoci a fragorosi applausi.
Umberto Mantaut