Da oltre mezzo secolo la scuola italiana ha sostanzialmente chiuso i battenti. Si limitasse a non insegnare il danno sarebbe accettabile, poiché gli italiani sono intelligenti e si arrangiano con l’autodidattica. L’utopia era quella di venire “incontro” ai meno dotati, anche a livello di mezzi economici. Subito i figli dei ricchi hanno trovato rimedio nelle scuole private, negli stage all’estero, nei master universitari e sono tornati in patria pronti a prendersi gli impieghi migliori, conoscendo le lingue e avendo “appoggi”. Al “pueblo unido” que “jamàs serà vencido”, i solerti insegnanti, reclutati senza abilitazioni e concorsi, hanno spiegato che okkupazione si scrive con due k e l’autogestione aiuta i giovani a “crescere”, mentre loro se ne stanno a casa con lo stipendio che corre. Il covid come manna dal cielo ha favorito la nondidattica a distanza, tradotto, stare a casa a giocherellare col computer, cosa assai gradita a docenti e discenti. Tutto questo per dire che ben pochi saprebbero oggi collocare il verso “bel paese là dove ‘l sì suona” nell’Inferno dantesco, canto XXXIII, v. 79-80. Aggiungiamo che chiedere a qualcuno cosa siano Antenòra e Cocito, ossia i siti infernali dove finiscono i traditori della patria e degli ospiti, costui penserebbe alla domanda da un milione di euro in un gioco in tv con Gerry Scotti. Di certo, traditori della patria siamo tutti noi, sia coloro che la umiliano volutamente, sia quelli che non si ribellano, diventando complici silenziosi dello scempio. Ormai l’Italia “serva e di dolore ostello” non è più il paese dalla dolce lingua dove il ”sì” suona, ma è la landa desolata dei “no”. Intanto tutti calpestiamo la bella Costituzione che blatera a vuoto di una Repubblica fondata sul lavoro. Ormai i pochi che lavorano poi scioperano per insindacabili ragioni. Quelli senza lavoro non lo cercano, tanto arrivano i sussidi. Qualcuno magari lo vorrebbe, precisando che dev’essere sotto casa, ben pagato, con lunghe ferie, malattia facile e sabato libero. Ci si laurea qui facilmente nelle materie più strane, poi, non essendo assunti subito come direttori di banca, i giovani corrono a Londra a lavare i piatti, tutti contenti d’imparare il cockney. Finisse qui andrebbe ancora bene. Il “no” dilaga in tutti i campi. Intanto, no ai matrimoni, tutti compagni e compagne, una fregatura immensa specie per le donne, le quali in caso di abbandono o morte del caro compagno si ritrovano senza un soldo, magari con un paio di pargoli avuti da differenti compagni, strada facendo e per molte disgraziate marciapiede battendo. Gli ambientalisti sono specializzati in continui “no” per tutto. Molti ragionano ancora come quei contadini che si opponevano alle ferrovie perché il fischio delle locomotive mandava indietro il latte alle mucche. No a prenderci con le trivelle il gas naturale che sta sotto l’Adriatico a 5 centesimi, lo paghiamo 70 importandolo. No a succhiare il petrolio che sta sotto Matera. No alle centrali nucleari pulite di nuova generazione, compriamo la corrente dalla Francia che ha centrali vecchie a due passi da Torino. No a bruciare i rifiuti per ottenere energia a basso impatto. No TAV, l’alta velocità va già da Napoli a Torino e da Parigi a Modane, per i pochi km in mezzo si scelga la diligenza. No ai gasdotti, no all’autostrada tirrenica, no a nuovi aeroporti. Infine, eccoci ai Novax e Nogreenpass, ma questi non fanno solo rabbia, fanno pure pena, oppure no. Si sta verificando che parecchi finiscano in terapia intensiva e tutti noi paghiamo il conto, ma poi alcuni di loro tirano le cuoia. Pare che il traghetto sul barcone di Caronte sia gratuito, come la vaccinazione rifiutata.
Umberto Mantaut