C’era una volta in Italia il Partito Comunista. Piaceva a tanti, per fortuna non più della metà, ma un buon terzo dell’elettorato adorava il simbolo della falce e del martello, come si fosse trattato di una nuova religione. Del resto i democristiani si facevano scudo della croce e i pochi nazisti rimasti veneravano ancora la croce uncinata. In buona fede, ma ingenui, votavano comunista gli operai del nord industrializzato, i braccianti del sud, i mezzadri toscani e in genere altre categorie ancor meno fortunate nel duro dopoguerra. Credevano nella favola bella che il paradiso terrestre, chiuso da millenni per il peccato originale, fosse stato riaperto in Unione Sovietica. Alcuni, persino, vi emigrarono per poi sparire. Le masse attendevano Baffone. Avrebbe dovuto scendere dal valico di Fernetti, tra la Slovenia titina e la martoriata nostra Trieste, a bordo di una slitta trainata da neri cavalli, battente bandiera rossa, per portare nello stivale italico le delizie della dittatura del proletariato. Meno in buona fede erano e continuano ad essere i bacilli del sinistro brodo culturale: docenti, detti anche cattivi maestri, magistrati non imparziali e politicamente schierati, intellettualoidi col codino, sindacalisti, vari giornalisti, scrittori, registi, opinionisti e perfino baronesse decadute disposte a mettere a disposizione i loro salotti tarlati e le immancabili tartine al caviale d’importazione. Sicuramente in malafede erano quasi tutti gli alti dirigenti del partito, asserragliati nelle loro oscure botteghe, foraggiati con rubli moscoviti, consapevoli degli orrori di quella dittatura e dei crimini innumerevoli di Stalin. Tra loro il Migliore era particolarmente al corrente di cosa accadeva in Russia, ma ci voleva asservire ai sovietici. Si tratta di elementi storici provati, ma guai a ricordarli. Teniamoci i viali a lui intestati. Qualcuno, più colto, intelligente ed umano, si è pentito per aver approvato le invasioni russe a Budapest e Praga, con assassinio di civili, pertanto dobbiamo rispettarlo. Passarono decenni e un bel giorno crollò il famigerato muro di Berlino. Fine delle favole e dei falsi miti. I comunisti andarono in crisi, come andrebbero i buoni cristiani se scoprissero, prove alla mano, che Cristo è morto di sonno. Pochi, duri e puri, ma illusi, tentarono di rifondare il fallimentare partito, faccia rovescia della medaglia del fascismo. I furbi si affrettarono a cambiare nome, anzi i nomi, riuscendo anche ad attirare nell’ammucchiata i cattocomunisti, in un certo senso anche peggiori di quelli autentici. Il vezzo comune di questi “eletti” è il profondo disprezzo per chiunque metta in dubbio il loro credo o la pensi diversamente. I maschietti con barba e baffi nascondono meglio la piega amara della bocca, ma dardeggiano le masse con sguardo severo, giacche, cravatte, calzini costosi e borghesi, non capendo che i “proletari” non amano essere guardati come esseri inferiori e, poco per volta, hanno riposto le bandiere rosse, magari affidandosi alle stelle, scegliendo quelle cadenti, poiché loro sono eterni sfigati. Ora il popolo si è ribellato. Per anni privato del suo diritto di voto, sconcertato da governicchi nocivi frutto di intrighi di palazzo, massacrato da tasse, con gli stipendi più bassi d’Europa, guardato con disprezzo come plebe, anzi plebaglia, specie se non aderente al pensiero unico e al politicamente corretto, si è ritrovato a furia di colpi bassi con almeno un paio di nobilissimi organi sinistrati. Come la CO2 è ritenuta colpevole dei cambiamenti climatici, così al popolo che si è opposto alla castrazione saranno imputati i cambiamenti politici. Gli sprezzanti, continueranno a disprezzare non rendendosi conto che sono stati disprezzati, proprio dalle masse che secondo loro dovevano amarli incondizionatamente. Stranamente sprovveduti i progressisti non hanno mai capito che il mondo è cambiato dai tempi dell’amato Baffone. La classe operaia, specie ai moderni livelli di specializzazione del lavoro è entrata a far parte della classe media, i contadini sono imprenditori agricoli. La falce è stata sostituita nei campi dalle mietitrebbie e il martello lo usano i robot in catene di montaggio controllate da operai specializzati. Costoro non riescono proprio a considerare risorse i miseri immigrati di cui si favorisce lo sbarco per gettarli nelle braccia degli sfruttatori, della malavita e della prostituzione. La gente vive, soffre e vede ciò che i politici accecati dalle loro beghe incomprensibili non affrontano e non risolvono, anzi aggravano con scelte scellerate, spaventosi sprechi di denaro pubblico, depotenziamento e disprezzo per le forze dell’ordine. Bruxelles e Strasburgo dove le istituzioni comunitarie sono nelle mani di burocrati scadenti esiliati in quei paradisi stipendiali dai vari paesi membri, che così si sono liberati dei seccatori, non fanno che emanare regolamenti idioti che strangolano le economie più deboli e le mettono nelle mani dei paesi fornitori di energia, materie prime e prodotti agricoli. L’euro che doveva essere una grande opportunità ha avvantaggiato pochi a danno di molti, fra i quali noi “progressisti” italiani, facendoci regredire paurosamente. All’alba del 26 settembre 2022 le campane hanno suonato a morte per un sistema che si riteneva consolidato. A caratteri cubitali su giornaloni e giornalini si è letta la notizia che gli italiani ridotti alla frutta vogliono assaggiare meloni e a loro non importa un fico secco di chi si elegga Presidente della Camera o del Consiglio, ma sperano in un cambiamento in meglio o almeno in un arresto della paurosa caduta. Già gli sprezzanti detrattori immaginano un bel salto nel “buio”, ma è “chiaro” che a non voler consultare per anni il popolo sovrano i sudditi si ribellano e comunque votano contro chi per sinistre scelte non ha fatto gli interessi del paese, che da ottava potenza mondiale si è ritrovato, insieme alla povera Grecia, a fare la ruota di scorta di un’Europa ottusa e smarrita, con la magra presunzione di essere politicamente corretta.
Umberto Mantaut