Viviamo in tempi talmente tragici che ci conviene trovare rifugio nelle amenità che la follia umana ci elargisce a piene mani. Una di queste, forse la più divertente è di natura anagrafica. Credevamo tutti di avere un babbo e una mamma, simboli di amore e punti di riferimento per tutta la vita. Da qualche tempo qualcuno ci insegna che è facile eliminarli con una cordicella, per poi gettare a fiume i cadaveri e godersi l’eredità. Non è proprio un fatterello per ridere a crepapelle, ma forse è meglio cancellarli fin dal principio. Oggi, appena il pupo viene alla luce si va all’anagrafe a registrarlo come figlio del genitore uno e del genitore due. Ecco subito che si palesa un’incredibile ingiustizia. Sembra ovvio che per genitore uno s’intenda quello che un tempo era il felice paparino, mentre il due è la genitrice. Le femministe, sempre alla ricerca del pelo nell’uovo, tanto per restare in tema aviario, stanno in silenzio nel loro pollaio, senza fare come fanno sempre ogni volta che si ritengono attaccati ingiustamente i diritti delle donne. Con questa amenità anagrafica si sancisce senza ombra di dubbio che la donna è secondaria, viene dopo l’uomo Il quale si aggiudica la “primogenitura”. Povere mamme. Per lungo tempo portano tutto il peso, arrivano al travaglio e ci soffrono pure per mettere la mondo il nuovo condannato a morte. Non si può nemmeno più dire “il più tardi possibile”, poiché i ragazzi che non la fanno finita per overdose si schiantano il sabato notte in macchina. Intanto, il genitore uno gongola nella sua “prima” posizione immeritata, in quanto il suo impegno è stato assai breve e, solo quando la moglie è avvenente, persino piacevole. La trovata dei genitori uno e due pare sia stata escogitata per rispettare le coppie formate da due uomini o due donne che adottano un trovatello o se lo fanno confezionare da una signora disposta a prestarsi, quasi sicuramente in cambio di denaro. Sarebbe più logico favorire lo sfollamento degli orfanotrofi dove si trova l’usato sicuro, oppure cercare nel terzo mondo che si distingue nell’essere il primo nella frenetica attività riproduttiva, per poi far morire di fame quei piccoletti dagli occhioni tanto commoventi. Comunque, appare chiarissimo che alcuni bimbi possono contare non solo sui genitori uno e due, ma ne hanno avuto almeno un altro, la mamma biologica, che dovrebbe essere indicato come genitore tre. Purtroppo, in questi casi la genitrice è destinata a rimanere sconosciuta, spesso per sua stessa volontà se dopo il parto dichiara di non voler riconoscere il neonato gettandolo nelle capaci braccia della società. Non mancano i casi criminali di abbandono della creatura ai margini di una strada o nel cassonetto dei rifiuti. Purtroppo si teme che solo una minoranza di questi piccoli sia per caso trovata ancora viva da qualche passante pietoso. Nelle anagrafi di un tempo, accanto al nome del piccolo, spesso battezzato con il nome di Fortunato o Felicita, si metteva un appunto: “figlio di M ignota”. I romani, arguti, ma cattivelli, hanno escogitato la poco gentile espressione “fjo de ‘na mignotta”, non per canzonare questi orfani, quanto per indicare gli sbruffoni e i manigoldi. La nuova regola, insomma, eliminerà per sempre quel modo di dire volgare, ma efficace, trasformandolo in qualcosa di più politicamente corretto e beneducato. D’ora in poi, se il pizzicarolo cercherà di fregarci nel dare il resto lo potremo chiamare “ fjo de genitore tre”.
Umberto Mantaut