Occorre iniziare con gli auguri ai nostri amici belgi usando le due lingue ufficiali di quel piccolo paese tanto importante per l’Europa. Joyeux Noёl, Zalig Kerstfeest. Poi dovremmo, per rispetto a tutti gli altri, ripetere l’augurio in un’altra trentina di idiomi, quante sono le lingue parlate in questa straordinaria Babele che chiamiamo Unione Europea. Ovunque e comunque in tutti i paesi europei, e non solo, il concetto di Natale si associa a qualcosa di “buono”. Dio si è fatto uomo per redimerci. Nasce in povertà in una grotta di Betlemme sulla quale risplende una stella cometa. Prima gli umili pastori di Palestina, poi i Re Magi venuti ad omaggiarlo da lontano lo riconoscono come il Redentore. Sulla sua predicazione tramandata dagli apostoli, sui suoi miracoli, la sua morte sulla croce e la sua resurrezione, si fonda il cristianesimo, religione di enorme importanza mondiale, ma soprattutto la religione europea. Noi riconosciamo da sempre la “bontà” del Natale. I tedeschi lo indicano come felice, Frohe Weihnachten, in Francia è gioioso Joyeux, per gli inglese è allegro, Merry Christmas, in Spagna ci si augura che sia felice, Feliz Navidad. Eliminare per una delle tante stupide e nocive direttive comunitarie l’augurio più sentito, che oltre tutto spesso giunge dopo un anno difficile e si associa all’auspicio che il nuovo anno sia migliore per tutti, non solo è una mancanza di rispetto madornale del senso e del sentimento comune, ma anche la dimostrazione di una mentalità bieca e distruttiva che desta ripugnanza e indignazione. Bisogna tornare ai cari amici belgi. Avevate una capitale che era bella, colta, civile. Rendetevi conto che Bruxelles si sta trasformando in una fonte di figuracce mondiali e, a livello europeo, sta diventando una calamità, non per colpa dei belgi, ma di una masnada di beceri, incompetenti, disumani e disonesti che hanno occupato istituzioni che dovevano rispettare e migliorare la vita di tutti i cittadini del vecchio continente. Da troppo tempo Bruxelles danneggia tutti, persino i signori tedeschi che apparentemente sono stati gli unici a trarre vantaggi dalle politiche comunitarie. Forse occorre andare alle radici dei problemi e delle scelte, per capire le ragioni di tanto disastro. L’Unione ha il suo embrione nel trattato di Roma. I sei paesi fondatori immaginarono inizialmente un mercato comune, poi in prospettiva una Unione Europea, infine e potrebbe non essere un’utopia, la creazione degli Stati Uniti d’Europa. Un superstato o stato federale richiede una adeguata capitale, senza privilegiare nessuno degli stati membri, poiché nella natura umana esistono l’invidia e la pretesa di prevaricare. Infatti, Stati più saggi hanno “inventato” una capitale “asettica”. Pensiamo a Brasilia o a Washington, oppure in tono minore a Islamabad o ad Abuja. L’Europa ha troppe città importanti ed era prevedibile lo scatenarsi di egoismi. La Comunità o Unione Europea aveva ovviamente bisogno di Istituzioni “continentali” da inserire in una degna capitale. Roma, poteva essere ideale, per noi e per il suo passato, oltre che come città santa per la Chiesa, ma effettivamente è troppo “meridionale”. Il baricentro europeo rimane ovviamente la vecchia Mittel Europa, del resto, purtroppo è ancora sempre la Germania a dirigere l’orchestra. Negli anni 50, per poco non si scannavano Francia, Germania e Benelux per accaparrarsi le istituzioni europee, fonti di prestigio, affari, lucro e potere. Si seguì la strada sempre ambigua e dannosissima del compromesso: il Parlamento, tuttora con poteri limitati, dove si “parla” e basta, a Strasburgo, la Commissione, l’unico ente purtroppo con grandi poteri, a Bruxelles, la Banca Centrale a Francoforte sul Meno, altri enti direzionali a Lussemburgo. Per dare un’idea dei costi pazzeschi e della confusione immaginiamo l’Italia con la Camera a Roma, il Senato a Cuneo, il ministero degli esteri a Lampedusa, quello delle finanze a Napoli e della pubblica istruzione a Nuoro. Purtroppo in Europa, fin dalle origini la Commissione insediata a Bruxelles, in sostanza il manico del potere, ha dimostrato di essere con le sue direttive una fonte di guai per tutti. All’inizio era persino comico che, con tutti i problemi seri nei vari settori economici e produttivi di una grande comunità di stati, da Bruxelles venissero disposizioni sul grado di curvatura dei cetrioli, su forma, dimensioni e colori dei limoni o sull’aspetto dei chicchi di uva nei grappoli. Tragicamente poi, Bruxelles, poco a poco, ha messo becco con disposizioni dettate da cervelli di gallina in tutti i settori della nostra vita. In particolare, in combutta con i tedeschi e a solo loro vantaggio, ha devastato le economie più deboli. Per la moneta unica fu scelto un cambio che ha dimezzato la nostra ricchezza e raddoppiato il costo della vita. La Grecia è stata ridotta alla fame, si danneggiano le nostre produzioni avvantaggiando le economie asiatiche, si accolgono a braccia aperte, purché restino a carico dell’Italia migliaia di poveri immigrati. In questa impresa collabora pure la Chiesa di Roma, la quale sorprendentemente non ha alzato al voce di fronte alla pretesa di toglierci il Natale. L’Europa non ha voluto riconoscere e difendere le sue radici culturali e religiose, accampando un falso rispetto per le culture e le fedi altrui. Corre il rischio di diventare un continente senz’anima. Eppure, noi tutti ci auguriamo che il prossimo sia un “Buon Natale”. Certo, con certi irresponsabili e stonati a dirigere il grande concerto di fine anno, c’è da tapparsi le orecchie, ma una delle caratteristiche del Natale rimane proprio quella di perdonare coloro che non sanno quello che fanno e non farci perdere le fiducia nel Dio benedicente.
Umberto Mantaut