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Dettagli che contano

Umberto Mantaut, con il suo stile piacevole e chiaro, ci racconta brutture passate che, speriamo, non abbiano a ripetersi mai.

Durante la guerra ero un bimbetto che preoccupava molto gli adulti. Notavo sempre i dettagli e non davo importanza alle cose di sostanza. Per me si prevedeva un destino di persona superficiale.

I miei primi ricordi sono bombe inglesi. Piovevano su Torino quasi ogni notte radendo al suolo interi quartieri. Suonavano le sirene e si andava tutti nei rifugi, vere trappole per topi, nelle cantine dei palazzi. La nostra era angusta e affollata. Una sola candela illuminava il locale, ma metà della luce era assorbita da una donna intenta a spidocchiare il figlio. Per ogni pidocchio acciaccato diceva “ciack” e rideva. Ad ogni bomba un vecchio esclamava “buum” ma nessuno rideva. Ho sempre pensato che le donne siano più coraggiose degli uomini.

Un giorno da un tram, con nonna, certi ceffi in camicia nera fecero scendere tutti in una via stretta del centro. Allineati ci obbligarono ad assistere alla impiccagione di quattro poveracci definiti partigiani traditori. Morirono sgambettando mezzi nudi e pieni di lividi e sangue. Notai nella loro condizione un dettaglio strano. Nonna piangeva e mi copriva gli occhi. Molto più tardi mi spiegarono trattarsi di una erezione premorte. Anche i nazifascisti in fondo possono procurare piacere.

Sfollammo in un paesone agricolo della pianura cuneese. Aveva una stazione ferroviaria piccola come quella dei trenini giocattolo. I tedeschi astuti fecero passare una mattina un loro convoglio militare al posto del treno dei pendolari. Gli alleati, specialisti nel fuoco amico, attaccarono il treno civile con un diluvio di bombe. Per giorni ci fu un via vai di carri e furgoni per portare al campo santo i cadaveri. Ungiorno, andando a scuola, un compagno di seconda mi fece notare qualcosa che luccicava cadendo da un camion. Ci avvicinammo, era una mano di uomo con ancora attaccato un cronometro di acciaio. Il compagno lo prese sporcandosi le mani di sangue. Spesso guardando le mani della gente avida mi viene ancora da vomitare.

La guerra finì. Fu una gran festa per tutti. Vennero da noi quattro partigiani, pensai aiquattro impiccati redivivi. Presero il figlio diciottenne della nostra padrona di casa e ci obbligarono ad assistere mentre gli sparavano alla nuca. Si diceva fosse uno stupido fascistello. Poi portarono la madre al manicomio. Che brave persone!

Alle superiori la guerra civile proseguì a parole fra molti comunisti spuntati chissà da dove e pochi fascisti superstiti. Io, considerando entrambi i fronti dei covi di criminali, osai chiedere un giorno che mi spiegassero la differenza fra Hitler e Stalin. Mi arrivò in faccia una scarpa da ginnastica di un compagno ebreo. Puzzava come le scarpe da ginnastica dei fascisti e dei comunisti, ma molto di più di quelle del mio caro compagno di banco. Il tapino nessuno lo voleva vicino, perché veniva da Massafra, provincia di Taranto, quindi terrone, detto anche puzza piedi o “morubianc”, traducibile come negro biancastro. Non c’è il due senza il tre. Fascisti, comunisti e razzisti sono individui orribili. Purtroppo mezzo mondo è pieno di questa gente.

​​​​​​​Umberto Mantaut

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