Sotto il regime comunista in Russia erano ricchi soltanto i gerarchi piazzati nei posti di comando, ma la loro ricchezza non era ostentata, sfacciata e neppure illimitata. Era solo il meschino frutto di soperchierie giustificate sostenendo “ma noi siamo la classe dirigente”. Vivevano nei palazzi migliori delle città, espropriati alla precedente classe dirigente nobiliare, avevano le più belle dacie nelle campagne, frequentavano solo alberghi di lusso, viaggiavano gratis in prima classe sugli aerei, insomma, con tenori di vita da grassi parassiti, quasi come in occidente è sempre stato concesso ai politici “democratici”. Il popolo lavorava a testa bassa e i sindacati, considerati sobillatori, non esistevano. Stipendi di sola sopravvivenza, compensati da servizi scadenti ma gratuiti o quasi: istruzione, sanità, sport, spettacoli, alloggi, luce, gas, acqua, trasporti pubblici. Nelle fabbriche e nelle scuole si insisteva su nobili concetti come il valore della rinuncia e il disprezzo dell’agiatezza. I giovani se studiosi erano premiati e i somari andavano a zappare, vietato loro sedersi sui mezzi pubblici riservati ad anziani e donne. Insomma bisognava rigare diritto. Il proletario nutrito a base di brodo di zampe di pollo e cipolle era fiero se la patria era in grado di conquistare lo spazio con strepitose missioni. I loro rispettati “capi” disponevano di dollari con i quali rifornirsi di ogni bene nei “berioska”, negozi riservati agli stranieri e appunto ai privilegiati di regime. In rubli si facevano solo operazioni “oscure” gestite nelle botteghe dei partiti simpatizzanti nei paesi occidentali, ma anche da queste parti nessun capopopolo esibiva panfili milionari in Costa Smeralda o ville miliardarie nei luoghi più belli delle riviere. Al massimo si accontentavano di una barchetta a vela o di un rustico maremmano nella piana di Capalbio. Crollata l’URSS sotto il peso delle sue spaventose inefficienze, con l’apertura all’economia di mercato, nella Russia postcomunista il controllo delle risorse e delle ricchezze del grande paese è passato evidentemente alle mafie locali, simili alle nostre, ma forse più scaltre. Non più gerarchi ma oligarchi. Tuttavia “oligo” che presuppone “quantità limitata” non si adatta bene ad un numero che scopriamo impressionante di russi superricchi, cominciando ovviamente dai politici che contano al Cremlino. A cascata il fenomeno si è riprodotto anche in molte ex repubbliche socialiste, come quei numerosi stati asiatici il cui nome finisce in “stan”, ma anche nella martire Ucraina con una classe dirigente niente affatto bisognosa, solo un po’ meno sfacciata nell’esibizione internazionale dei miliardi investiti in proprietà immobiliari, imbarcazioni di sogno, partecipazioni sostanziose in titoli quotati nelle principali borse occidentali. Oggi, la nostra memoria offuscata dal dolore per le vittime innocenti non ricorda che un anno fa per la ammissione dell’Ucraina nella già tanto dissestata U.E. si nutrivano dubbi per il grave livello di corruzione in quel paese. Al mistero sulle origini di così ingenti ricchezze si aggiunge lo stupore circa le ragioni per le quali tutti questi neoricchi, russi ed ucraini, non abbiano trovato il modo per evitare uno scontro frontale, che oltre all’orrore per le vittime innocenti, provocherà anche un impoverimento dei paesi coinvolti e dei loro stolti oligarchi. Forse proprio in loro, che francamente non sono simpatici, dovremmo sperare, poiché anche noi stiamo pagando le conseguenze delle loro follie, megalomanie e deliri di onnipotenza. Qualcuno, prima di essere ridotto in miseria ordirà un complotto “mafioso” per eliminare i grandi responsabili del disastro. La ricchezza in linea di principio non è un male. Se ci fossero più ricchi e meno poveri questo mondaccio sarebbe forse migliore. Esistono anche da noi imprenditori che gestiscono imprese con fatturati impressionanti, ma costoro contribuiscono a creare benessere e fama al paese e danno lavoro e agiatezza alle maestranze. Le ricchezze losche si formano per traffici illeciti, sfruttamento di altri esseri umani, vergognose tangenti su appalti pubblici. I titolari le esibiscono senza vergogna, poiché purtroppo le mafie e i politici conniventi si sono assicurati la benevolenza di chi dovrebbe controllare, condannare e punire questi delinquenti incalliti. Ipotizzare che gli oligarchi russi che ora ci vogliono strangolare col tubo del gas abbiano negli anni corrotto certi nostri ambientalisti da salotto che ci hanno sigillato i pozzi di estrazione del nostro gas adriatico sarebbe facile come due più due, ma i “corrotti” di solito sono dotati di furbizia e persino intelligenza, qualità che assolutamente mancano fra i nostri dirigenti politici. Infatti, a parte stipendi non meritati, nessuno dei nostri si può definire oligarca con barca da milioni di dollari ormeggiata in Versilia, palazzi a Londra o conti miliardari a Cipro. Almeno questo lo dobbiamo ammettere insieme al concetto che essere relativamente onesti, sicuramente ingenui e impreparati è da fessi.
Umberto Mantaut