Talassa nella mitologia greca era una divinità femminile che rappresentava la fecondità del mare, da sempre considerato fonte di generosa salubrità nei confronti dell’arida terra. In coppia con Ponto generò i pesci e, venuta a contato col membro tagliato di Urano, generò Afrodite, ossia Venere, dea dell’amore e della bellezza. Tuttora i greci quando dicono “pame stin talassa” propongono una gita al mare per ottenerne tutti i benefici. In italiano usiamo la parola “talassoterapia” per indicare l’insieme dei benefici curativi del mare. La sua aria è un toccasana per chi ha problemi respiratori, l’acqua marina con i suoi sali cura moltissime patologie dermatologiche, il nuoto è uno degli sport più salubri. Se a ciò aggiungiamo i benefici della elioterapia, cioè la cura del sole, e poi quelli della psammoterapia, meglio conosciuta come sabbiature, ne abbiamo abbastanza per raccomandare a tutti una vacanza al mare nella stagione più propizia, che, si noti bene, non è neppure quella del solleone di luglio e agosto, ma soprattutto quella dei mesi moderatamente caldi di maggio, giugno, settembre e ottobre, specie per i piccoli e gli anziani. Pertanto, oggi, che con la scusa del virus cinese che ha infettato purtroppo tanti innocenti, ma ha sconvolto le menti già deboli di alcuni inqualificabili amministratori, se si proibisce al pubblico, già penalizzato e brutalizzato da un insieme di decreti liberticidi, la fruizione delle spiagge, non si dà solo il colpo di grazia al turismo già gravemente compromesso, ma si dà il colpo di disgrazia a quanti hanno sempre scelto il mare come luogo di svago e benessere. Ma vediamo cosa succede nelle nostre vicine spiagge. Da alcuni giorni, squadre di vigili hanno affisso in tutti gli accessi al mare certi avvisi che lasciano perplessi e sgomenti. Il “nostro” mare è proibito. Vietato bagnarsi, vietato sostare per respirare a pieni polmoni l’aria marina, l’unica aria assolutamente priva di virus di ogni genere, vietato stendere un asciugamano per prendere un’ora di sole, vietato… Forse si salvano gli stabilimenti a pagamento dove sono ragionevoli le regole per il distanziamento e la fruizione degli spazi comuni, ma non si capisce bene se anche in quelle sedi siano proibiti i tuffi e le tintarelle. Se le regole valgono solo per le spiagge libere ecco che si delineano diverse angherie nei confronti dei cittadini e degli ospiti della nostra costa. In primo luogo si stabilisce per ordinanza che il pubblico delle spiagge libere è costituto da deficienti dediti agli assembramenti e alle lotte corpo a corpo sulle rive del mare. In seconda battuta si decide che ha diritto al mare solo la gente che può pagare salati e non di sale marino i servizi degli stabilimenti, ovvio, con prenotazione, misurazione delle febbri, schedature con dati personali e codice fiscale, magari poi per dire che essendo benestanti vanno puniti con una “talassotassa” a fine stagione balneare. Insomma, comunque tutta una probabile serie di angherie legalizzate, con l’obiettivo, ormai chiaro di trasformare i cittadini in una schiera di sudditi obbedienti e silenziosi. Nella loro follia da decretini i nostri politici hanno perso di vista un dettaglio che per le loro terga sarebbe foriero di quei calci che non si possono più dare ai palloni con il campionato bloccato, il dettaglio si chiama “furor di popolo”.
Umberto Mantaut