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treno pechino

Cina, dove l’ordine è impressionante

In questo periodo di quarantena pubblichiamo interessanti esperienze di viaggio vissute dall’amico Umberto Mantaut. Buona lettura.

Nel luglio del 1996 mi recai in Cina afflitto da stupidi pregiudizi. La mia già scarsa simpatia per i regimi dittatoriali aveva sopportato prove troppo pesanti in giro per diversi paesi europei. Ricordo solo tre esempi per dare l’idea dell’argomento.

Atene, nell’estate del  1967 era finita sotto il regime dei colonnelli. Una sera fui arrestato e maltrattato. Per rientrare in albergo avevo preso una scorciatoia attraverso un giardino pubblico senza badare al cartello che vietava il transito dopo il tramonto. Mi salvò un agente che parlava  francese e spiegò ai colleghi, alquanto violenti, che uno straniero può non conoscere bene il greco.

Praga nel 1976 viveva uno dei momenti più neri della sua storia, sotto il giogo sovietico. All’ufficio centrale delle poste di Staré Mesto, in coda per spedire certe cartoline, un vecchio mi chiese notizie di Roma: “ho visitato la città eterna prima della guerra, vorrei tornarci, ma ho perso ogni speranza di poter uscire di “prigione”. Usò proprio quel termine, parlando in tedesco “Gefängnis”, poi, senza controllo, si mise a piangere.

Berlino estate 1968.  La sosta al posto di controllo è lunghissima. Il luogo è sinistro, ma ha il nome grazioso di Checkpoint Charlie. E’ l’unico varco fra le due Germanie nella truce barriera del muro eretto dai russi nel 1961. Tutti i passaporti sono ritirati, bisogna svuotare le tasche e i bagagli non sono ammessi. L’autobus è strano, tutto di vetro, anche il pavimento, controllabile con un curioso sistema di specchi, poiché è proprio sotto i veicoli che i comunisti temono la presenza di spie all’andata e fuggiaschi al ritorno. I turisti vengono squadrati uno ad uno da occhi sospettosi, una guardia manesca mi butta giù dal veicolo. Mi trattengono per ore, perché il taglio dei capelli non corrisponde esattamente a quello che appare nella foto sul passaporto.

Dunque, sbarco a Pechino in ansia, ma per tutto il lungo tour dell’immenso paese il mio stupore e la mia ammirazione non fanno che aumentare. L’ordine è impressionante. Nelle arterie piene di traffico delle metropoli tutti rispettano le regole. Una moltitudine di mezzi pesanti indica che il paese è un pieno sviluppo industriale, forse troppo inquinante, mentre le auto sono quasi tutte di lusso, per nuovi ricchi ed astuti dirigenti. Sulle ciclopiste milioni di lavoratori vanno ordinati al lavoro regolato da norme ferree, senza sindacati che dettano legge. Visitando un ospedale a Nanchino noto come la disciplina moderna non abbia scalzato l’antichissima e saggia farmacopea cinese. Soffrivo da tempo di forti dolori cervicali, mi curano con un misto di agopuntura e manipolazioni manuali. L’esperto è un giovane di 16 anni preparatissimo. Sono guarito e i dolori non sono mai più ritornati. L’organizzazione turistica è strabiliante. Il viaggiatore non deve mai preoccuparsi dei bagagli, da un hotel all’altro viaggiano per conto loro e dopo migliaia di chilometri uno li ritrova nella sua camera con il messaggio di benvenuto. Treni e aerei sono moderni e puntuali, la prima classe si chiama “la soffice sedia”, il personale gentilissimo. Si può girare liberi e indisturbati, ma qui sorge il problemino, a turbare le anime belle nostrane. Lo scippo è punito con la pena di morte, come pure lo spaccio di droghe, la eventuale corruzione degli amministratori e altri reati che da noi sono puniti con una pacca sulla spalla. A Xi-an la visita al famoso esercito di terracotta lascia a bocca aperta. Il sito protetto dall’UNESCO è curatissimo e intorno l’indotto turistico funziona a pieno ritmo, valorizzando strutture e artigianato locali. E’ vietato scattare fotografie, chi asporta reperti è punito con la pena di morte, già comminata al primo e forse ultimo tombarolo di Xi-an. In Cina la cultura e gli sport ottengono particolare attenzione. In un teatro dello Shanghai Centre s’esibisce il famosissimo Circo di Shanghai che offre lo spettacolo d’equilibrismo e contorsionismo più sensazionale del mondo. Anche nelle città minori il teatro tradizionale è molto quotato. Oggi, la sciagura del virus è stata affrontata con i loro metodi, pugno di ferro, ma forse ha funzionato bene. I loro mezzi di informazione sono sintetici e lapidari, non come da noi un delirio di commenti pro e contro, un proliferare di esperti presuntuosi, un cicaleccio di imbellettate, un contradditorio a sfondo politico. Loro hanno chi impartisce ordini e tutti “devono” obbedire, senza fiatare. E’ una dittatura. Se le autorità mollano gli ormeggi e la Cina si avvia alla democrazia, un popolo di un miliardo e trecento milioni di cittadini, di oltre 50 diverse etnie che non si amano e spesso neppure parlano la stessa lingua, sprofonderebbe in un caos assai peggiore del nostro, ed è tutto dire.

                                                                                              Umberto Mantaut  

 

 

 

 

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