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iguazu

Cascate dell’Iguazú

In un momento di particolare benevolenza, un giorno, o meglio nella notte dei tempi, il Padre Eterno e la Madre Natura decisero di regalare al mondo una loro straordinaria creatura, adagiandola nel cuore della foresta subtropicale che riveste il meridione brasiliano al confine con l’Argentina e il Paraguai. In quel verde paradiso terrestre scorrevano due grandi fiumi. Il pacifico popolo indigeno, Guaranì, li chiamava Igauçu, Grandi Acque, e Paranà, Fiume Possente. Entrambi dalla portata abbondantissima, alimentati da centinaia di affluenti e dalle forti piogge tropicali, serpeggiavano a lungo nel fitto della foresta sugli altipiani che caratterizzavano questa parte dell’America del sud, ma a causa di qualche cataclisma preistorico, l’Iguaçu finiva fatalmente per incontrare lungo il suo corso un abisso spaventoso, largo 3 km e profondo 80 m., aperto sulla vallata del Paranà. Si creavano pertanto le cascate più spettacolari del mondo.

Per migliaia di anni, le cascate furono considerate luogo sacro di sepoltura dagli indigeni Paraguas e Tupi-Guaranì. Scoperte nel 1541 da Alvar Nuñes, più noto come Cabeza de Vaca, sono oggi considerate patrimonio dell’umanità da parte dell’UNESCO (1986), giudicate più larghe delle cascate Vittoria, più alte di quelle del Niagara e senza alcun dubbio più scenografiche, anche perché inserite in una cornice magnifica di foreste incontaminate. Il fragore dei 275 salti d’acqua s’avverte a grande distanza. Le enormi cataratte producono spume candide e un  pulviscolo umido che sale dall’abisso, creando arcobaleni e favorendo lo sviluppo di una lussureggiante vegetazione.

Sia la parte brasiliana delle cascate, sia quella argentina, sono inglobate in due immensi parchi naturali protetti. Entrambe le nazioni fanno a gara per valorizzare e difendere al massimo la bellezza del luogo, visitato da migliaia di turisti e fonte di ricchezza per questa regione di confine che non ha altre risorse. Anche il Paraguay è coinvolto, pur non affacciandosi direttamente sulle cascate. Il suo confine vicinissimo consente agli artigiani di recarsi a vendere i loro coloratissimi prodotti negli alberghi e nei punti di ritrovo dei visitatori. Giungendo della parte brasiliana, lo spettacolo delle cascate è impressionante, poiché in gran parte si possono vedere da una posizione più bassa. Si procede lungo un camminamento fra le rocce e gli alberi della foresta, investiti da correnti d’aria e continui spruzzi, in un fragore assordante che va crescendo man mano che ci si avvicina al punto più suggestivo, chiamato Garganta do Diablo. In questo punto si trova il salto d’acqua di maggiore portata di tutto il vasto comprensorio delle cascate.

Per raggiungere il versante argentino bisogna compiere un lungo giro nel parco e attraversare la frontiera fra i due paesi. L’Argentina possiede la maggior parte del territorio interessato dalle Cascate di Iguaçu ed anche la parte più bella. Si procede su passerelle sospese sull’abisso. Il fiume giunge lento dai meandri della foresta. Quasi presago di ciò che lo attende, sembra titubante nel proseguire, si divide in centinaia di rami che scivolano sotto tunnel di vegetazione, lambendo grosse radici e rive ricoperte d’erba e di fiori. Poi, all’improvviso, il balzo impressionante. L’acqua cheta e verdastra si trasforma in una massa bianca furente, o forse terrorizzata, che urla nelle gole, rimbalza mille volte su scogli neri, s’avventa contro pareti ripide di roccia, fino a raggiungere in basso l’altra acqua amica del Paranà. Insieme correranno per 1.600 km, fino a confluire nel gigantesco Rio de la Plata, in un grande delta a monte di Buenos Aires.

                                                                                              Umberto Mantaut

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