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Carcassonne (Francia)

Carcassonne, per ragioni culturali protetta dall’UNESCO dal 1997, è forse descritta in maniera fuorviante, come città turrita, pesantemente restaurata, ai piedi dei Pirenei, sicché ci si immagina un paesaggio impervio, dominato da un favoloso nucleo, più simile ad un castello che ad una città. La realtà sorprende. La campagna intorno a Carcassonne è solo lievemente ondulata. Sulle colline, le stoppie hanno stemperato il colore dorato sotto il sole cocente dell’estate meridionale, i boschi sono ingialliti alle prime piogge d’autunno e i campi arati confondono il loro terreo colore con quello delle mura medievali. La città spicca contro il cielo pallido grazie al nero ardesia dei tetti conici delle sue 52 torri, ma occorre avvicinarsi molto per ammirare la “Merveille du Midi”, prima di varcare le sue antiche porte e cogliere tutto il fascino e il mistero della Cité. La parte moderna di Carcassonne, quasi pudicamente, si è sviluppata in un’area bassa, sulle rive dell’Aude. E’ abbastanza estesa, ma ha un aspetto dimesso, come volesse non apparire né offuscare la fantastica bellezza del suo nucleo storico. La Cité di Carcassonne emerge dal terreno, quasi spinta in alto da misteriose forze orogenetiche. Il doppio giro di mura merlate è interrotto solo da due porte. La principale, Porte Narbonnaise, rivolta verso la città bassa, ha da sola l’aspetto di un grande castello feudale. Fra le due cinte murarie si estende un largo camminamento che ha il nome di “Lices”, la lizza di senese memoria, per le gare d’armi, o l’arengo adatto alle assemblee degli abitanti di una città fortificata. Percorrere tutte le Lices significa camminare per più di un chilometro e mezzo godendo di sorprendenti scorci panoramici: giochi di tetti conici neri alla sommità di torri di pietra, la severità della parrocchiale gotica di St. Nazaire, l’emergere improvviso del Château Comtal del secolo XII, enormi barbacani, fossati, merlature che permettono splendide vedute sui colli della Linguadoca. Nelle viuzze del centro e nelle piazze ornate da pozzi, fiori e fontane, è stato conservato l’ambiente di una città fortificata medievale. Nessun veicolo, antiche botteghe artigiane, cantine e osterie, palazzetti nobiliari, case plebee e scuderie. Bisogna visitare Carcassonne in giorni lontani dalla stagione turistica. C’è silenzio. Non si ha voglia di parlare per la meraviglia e si cerca di camminare in punta di piedi. Nell’aria si avverte un invito all’ottimismo. Carcassonne vuole portare fortuna e pace. Nelle sue strade di scura città antica filtra la luce del cielo terso del mezzogiorno e persino il nero dei tetti sembra un colore festoso. La città rivive, i secoli non le pesano. Viollet-le-Duc ha avuto una grande intuizione restaurando questa meraviglia. Carcassonne è un luogo dal quale non si vorrebbe più partire. Sembra priva di abitanti, qui parlano i muri e ad essi ci si affeziona. Emanano un calore, forse la traccia di tanti esseri viventi che sono passati in questo luogo rumorosamente, lasciando infine la città sola, tranquilla e viva, una contadina d’altri tempi dal viso di pietra rugosa, cotta dal sole, e un copricapo nero d’ardesia per proteggersi dal vento dei Pirenei. Verso l’uscita, dalla sommità d’un muro sbrecciato si affaccia un essere vivente. Con occhi amichevoli osserva la sua città un gatto giallo.

Umberto Mantaut

 

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