Non possiamo in coscienza negare che a macchia di leopardo e lungo tutta la nostra bella penisola si verifichino eccezionali e deprecabili misfatti di malasanità. I “media” enfatizzano le pessima notizie, quasi con un gusto sadico nel terrorizzarci, ma troppe critiche alla nostra pubblica sanità sono ingiuste. Durante la pandemia di covid con tante vittime anche fra il valoroso personale ospedaliero, qualcuno, timidamente, disse che medici, infermieri e tutti gli addetti del settore occupavano uno dei cerchi danteschi del paradiso. Tutti i medici santi subito, infermieri e tutti gli altri beati con medaglie al valor civile. Poi solo silenzio o denigrazioni sistematiche. Malpagati, con turni di lavoro allucinanti, assaliti da energumeni, insultati, denunciati per omicidio colposo se un centenario con vari acciacchi decide di passare a miglior vita, accusati delle peggiori nefandezze, non dobbiamo stupirci se molti emigrano all’estero dove sono pagati cinque volte di più, tutelati e rispettati. I medici per specializzarsi affrontano spese ingenti e sacrifici enormi. Poi, ecco il risultato. Sarebbe stato meglio imparare l’arte dell’idraulico tubologo e sturare lavandini in nero, piuttosto che primeggiare in cardiochirurgia, oncologia, gastroenterologia, ematologia, pediatria. Eppure, udite udite sordastri d’Italia, uniti nell’infangarla quotidianamente, la nostra sanità pubblica è molto invidiata all’estero, non solo nel terzo mondo, ma anche in paesi che riteniamo più sviluppati e civili del nostro. Altrove, se stramazzi per strada, i soccorritori, prima di metterci le mani, ti chiedono la carta di credito per pagarti le cure, altrimenti puoi pure morire. Da noi la sanità si accolla enormi spese e non si contano le strutture d’eccellenza con specialisti di fama mondiale che realizzano autentici miracoli col supporto di strumentazioni cliniche avveniristiche. Persino nel nostro piccolo, per restare con i piedi sulla terra etrusca, non possiamo lamentarci delle strutture di cui disponiamo. Cerveteri e Ladispoli, con 75.000 anime, avrebbero bisogno di un ospedale, ma abbiamo vicini i nosocomi di Civitavecchia e Bracciano. Sono strutture alquanto obsolete, ma con medici ottimi, e L’Aurelia Hospital che è più moderno e funzionale non è lontano. La nostra ASL si distingue per la solerzia del suo staff. Le persone che fruiscono della struttura sono molte e purtroppo si verificano attese spesso lunghe, ma senza eccessi, specie se impariamo a seguire il criterio di prevenire anziché attendere di dover combattere. Gli specialisti che ci visitano qui sono tutti eccellenti. Quando ci dicono “arrivederci fra un anno per un nuovo controllo” e ci danno già l’impegnativa dovremmo immediatamente recarci agli sportelli per prenotare. Se ci dicono che le prenotazioni per l’anno successivo non sono ancora aperte bisognerebbe non dimenticare di riprovarci appena possibile. Ogni mattina le file per prelievi, visite ed analisi sono alquanto lunghe, ma tutti notano che il personale fa di tutto per smaltire velocemente le tante richieste con efficienza e assistenza affettuosa. Perché non definire queste cose come buona sanità ed essere grati per quanto riceviamo gratis? E’ ben vero che pagando le pratiche si possono accelerare, ma il servizio di “intramoenia” (prestazioni erogate al di fuori del normale orario di lavoro dai medici di un ospedale) non è mai a costi astronomici, specie se in gioco c’è la nostra vita. Buona parte della nostra popolazione che trova i mezzi per i fine settimana fuori casa, senza parlare di viaggi, abbigliamenti firmati, grosse automobili, balocchi e profumi, può benissimo permettersi un controllo a pagamento, seguito poi da cure, ricoveri, e assistenza gratuiti nelle pubbliche strutture. Porto qui una personale esperienza. Afflitto da dolori addominali ho chiesto una intramoenia presso l’Aurelia Hospital. Dopo accurata visita, colon e gastroscopia sotto anestesia, mi hanno ricoverato per 10 giorni, scoprendo il risveglio di un linphoma no H, già curato e guarito con nove mesi di chemioterapie, 16 anni fa presso l’IFO Regina Elena di Roma. Pertanto mi hanno trasferito in quella prestigiosa sede, per quasi 4 mesi in stanza singola come in un hotel da 4 stelle, cure intensive di immunoterapia sotto stretto controllo, da proseguire ora sempre in dayhospital fino, si spera, a nuova guarigione. Indescrivibili le premure dei medici e di tutto il personale del Regina Elena IFO. Un chirurgo abilissimo mi ha sottoposto a un rischioso e delicato intervento addominale utilizzando le più moderne tecniche. Per questo ritorno di fiamma del cancro di natura ematologica mi domando quanto sarò costato alla fine della fiera alla tanto criticata “malasanità” pubblica. Sarà o no l’ora di finirla con la denigrazione quotidiana di un sistema che funziona come descritto? Esortiamo i “media” a dirci, almeno ogni tanto, qualcosa di positivo, di bello, di umano, perché l’Italia non è tutta come ce la descrivono all’ora di cena con contorno rivoltante di violenze di minoranze di facinorosi fuorilegge e di pubblicità di carte igieniche, assorbenti, pannolini e leccornie per gatti.
Umberto Mantaut