Lo chiamarono “botpeople”, il popolo dei BOT, con ironico riferimento al “boatpeople”. In fondo si trattava di gente assiepata su un gommone in cerca di salvezza fra i flutti rischiosi della inflazione e della svalutazione. In Italia la moneta ufficiale era la debole lira, un paradosso per un paese all’epoca economicamente forte. Sia pure, forse, solo su uno strapuntino sedevamo al ristretto tavolo dei più grandi paesi industrializzati del mondo. Il trucchetto delle sistematiche svalutazioni ci avvantaggiava nelle esportazioni, essenziali per un paese manifatturiero che fonda le sue ricchezze sul lavoro e sull’ingegno. All’interno avevamo spesso un’inflazione a due cifre, eppure rimanevano e siamo tuttora un paese di risparmiatori accaniti. Per lo Stato deve sembrare un difetto, infatti ha sempre fatto di tutto per scoraggiare, specie le formiche piccole, numerose e forse ingenue. Alle Poste dovrebbero ricordare le file di vecchietti con i loro libretti di risparmio che facevano più versamenti che prelievi, dopo incredibili sacrifici e rinunce pur di arrivare a fine mese con qualcosa da accumulare per il famoso “non si sa mai”. Le famiglie, con massaie oculate, ancora oggi in piena crisi economica, cercano di lasciare a fine mese qualcosa nel conto corrente. Infatti, pare che le banche non sappiano più dove mettere l’enorme massa del risparmio, quasi uguale alla massa del debito pubblico. Qui incominciano i timori. Qualcuno non ha dimenticato lo scippatore notturno che prelevò proditoriamente da tutti i conti una percentuale per “salvare” al patria, che a quanto pare non si è salvata. Al tempo del botpeople non erano i ricchi a sottoscrivere titoli di Stato, soprattutto a breve termine. Offrivano tassi del 4 o 5%. Un BOT da 1000 £ lo cedevano a 990, davano gli interessi subito e a fine periodo rimborsavano alla pari. Sembrava un affare, ma con l’inflazione all’8 o 10% il risparmiatore ne usciva impoverito. Infatti i ricchi furbi si riempivano di debiti e mutui, investivano, lucravano su plusvalori specie immobiliari e restituivano lire svalutate. Con l’avvento dell’euro, moneta forte e per anni stabile, con la pretesa di valere più del dollaro, le economie forti per le esportazioni e deboli per moneta e altri parametri sono andate di colpo in crisi, a tutto vantaggio dei soli tedeschi, come al solito perdenti di tutte le guerre, ma dominanti in un continente male organizzato, nonostante le illusioni dei fondatori della Unione. Siamo arrivati al paradosso di tassi in negativo per chi investe in titoli di Stato a breve. Presti 1000 e dopo sei mesi o un anno ti restituiscono 990, e magari devi pure ringraziare per il favore di averti “custodito” il gruzzolo. I piccoli risparmiatori, troppe volte ingannati, non osano tentare fra i marosi delle borse in mano alla speculazione con le sue regole astruse. Ora però, non sappiamo dire se è un bene o un male, l’euro ha dovuto abbassare le ali. Si è svalutato e l’inflazione morde in tutta l’Europa scellerata a causa delle sue stesse scelte in materia energetica e dell’approvvigionamento alimentare. Pare assurdamente che i cosiddetti paesi virtuosi stiano invidiando e naturalmente criticando la nostra massa di risparmio delle famiglie. Prima che trovino il modo per azzerarcelo, non potremmo suggerire ai nostri politici di inventarsi qualche forma di BOT a breve un po’ remunerativo per invogliare i risparmiatori e prestare soldi allo Stato non solo per dare una mano in tempo di ristrettezze, ma anche per non lasciare tutto quel risparmio a marcire nelle banche a svalutarsi senza un minimo di interessi, ora che il costo ufficiale del denaro controllato da Francoforte è molto aumentato? Già sappiamo la risposta: “Bruxelles non sarebbe d’accordo”. Cherchez les femmes!
Umberto Mantaut