Fra le cose divertenti dell’Italia spiccano le campagne elettorali. Durano 365 giorni ogni anno del Signore e 366 negli anni bisestili. Seguono per amenità le campagne pubblicitarie dove al martellamento delle campagne elettorali s’aggiungono massicce dosi di cattivo gusto e mancanze di rispetto per il “popolo”, trattato come un gregge di pecore in eterna transumanza, braccato da cani maremmani, magari nelle amene terre di Capalbio dai rossi tramonti. L’italiano medio si desta già abbastanza seccato dall’idea di andare a lavorare, anche se ormai è una seccatura che riguarda una minoranza. I pensionati passano dal letto di dolore alla panchina dove solo alcuni leggono il giornale, perché non se lo possono più permettere. Le aitanti masse giovanili, ossia la cittadinanza futura, si stiracchiano, passano al divano, dopo la colazione preparata dalla trepidante mammà, piazzano l’occhio sul minischermo del cellulare, si tappano le orecchie con le cuffiette e occupano la bocca con il primo spinello del giorno, che secondo loro apre il cervello, cosa abbastanza inutile dato che è quasi sempre vuoto. Tutte le radio, ormai poco ascoltate, e le televisioni, accese notte e dì in tutte le case, iniziano a sparare sondaggi. Un partito che la sera prima raccoglieva il 2,1% delle simpatie dei potenziali elettori viene quotato al 2,2. Lo strabiliante incremento sarà oggetto dopo il TG delle 20 di uno dei tanti sconci dibattiti a più voci in prima serata. Un gruppo di scostumati tra politici, giornalisti, opinionisti, filosofi spettinati quasi come gli psicanalisti, pilotati e imitati nella maleducazione da spocchiosi conduttori, s’interrompono a vicenda e parlano ad alta voce tutti insieme, sicché l’ascoltatore capisce solo che siamo caduti veramente troppo in basso. Comunque, nel generale languire delle professioni e delle attività necessarie per far funzionare un povero paese, sembra siano spuntate come funghi le conventicole dei sondaggisti, ovviamente in perenne disaccordo fra loro. Un pover’uomo della strada immagina professionisti preparati e sguinzagliati sulle “piazze” a raccogliere ed analizzare opinioni, possibilmente statisticamente significative. Dunque fra noi dovremmo trovare moltissime persone a raccontare di essere state intervistate a lungo circa le personali preferenze politiche ed anche per altre inclinazioni assolutamente private. Immaginiamo che ogni italiano s’impegni in un gioco di società: chieda a parenti, amici e conoscenti se mai hanno avuto una richiesta scritta, verbale, telefonica o via e.mail circa le loro simpatie politiche o altro. Scopriremmo che quasi nessuno ha mai avuto tanto onore. I pochissimi “contattati” confesserebbero di avere detto bugie. Del resto si parla tanto di segreto dell’urna e non si comprende come mai un povero elettore dovrebbe confessare al primo venuto se vota rosso, giallo, verde o nero. Queste “indagini”, dunque, per logica, dovrebbero essere tutte fasulle, come le statistiche spacciate per ufficiali, dove un morto d’infarto a Cremona finisce nel conto dei morti di covid cremati a Crema. Infatti, puntualmente, i “sondaggi” sui partiti sono poi smentiti dai veri risultati a fine farsa elettorale. Insomma, non si può chiedere a un capufficio di chi è innamorato. Risponderebbe subito “di mia moglie”, quando tutti sanno che i capuffici se la fanno con le segretarie. La storia politica del bel paese insegna che gli amori, le fedi e i voti degli italiani oscillano come le canne al vento della Deledda. Poche ore dopo la caduta dal Duce non si trovò più un solo cittadino ad ammettere di essere stato partecipe nelle folle oceaniche di Piazza Venezia. Dal fascio allo scudo crociato e alla falce e martello. Si parla di salto della quaglia senza spiegare cosa c’entrino le quaglie. Crollata la DC, causa mani insaponate e pulite, i “demo” sono passati da Piazza del Gesù e una periferia mezza atea detta Bolognina e i “cristiani”, che già andavano poco a Messa, si sono sparpagliati in mille fedi strane, però alla moda. I simpatizzanti del PC, dopo le picconate sul muro di Berlino, si sono affrettati a cambiare nomi e indirizzi. L’elettore rimasto senza bussola non sapendo dove andare resta a casa e non risponde neppure al campanello. I sondaggisti, infatti, che immaginiamo in giro a suonar citofoni, non hanno previsto che la metà degli italiani avrebbe disertato le fatali urne. Molti stanno trasformandosi in complessati “insondati”. Vorremmo davvero che qualche volta qualcuno, con garbo, chiedesse la nostra opinione non solo sulla politica, ma anche sui tanti altri aspetti della nostra monotona quotidianità. Per solerzia e protervia, dopo i sondaggisti, vengono i pubblicitari. Sono convinti che il consumo dei prodotti si stimola disgustando il pubblico all’ora di cena. Tra una “balla” e l’altra dei sondaggisti e dei politici con facce di bronzo in primo piano col trucco che si nota lontano un miglio, sul teleschermo a mezzo metro dai piatti fumanti, ecco: gengive sanguinanti, pannoloni, assorbenti, carte igieniche col pupo che fa le puzze, lingue di gatto che leccano leccornie per felini viziati, intestini in subbuglio che invocano regolarità. Tutto ciò con luci adatte ad evidenziare i dettagli più disgustosi. Qualche volta erano di buon gusto almeno i suoni, ma qualcuno deve aver insegnato nelle facoltà di scienze delle comunicazioni che il consumatore ha bisogno soprattutto di sobbalzare. Già è considerata normale la villania dell’aumento repentino del volume dei messaggi pubblicitari, occorreva un’idea fortunata, detta volgarmente “colpo di culo”. Abbiamo il “peto” sonoro, per ora senza odoraccio, poiché non ancora captato dalle antenne, destinato a suonare come le trombe del giudizio in tutte le pubblicità del nuovo splendido millennio. Sempre più si scopre quanto era moderno il nostro amato Dante Alighieri: “Ed elli avea del cul fatto trombetta”, canto XXI dell’Inferno, nella bolgia del malversatori.
Umberto Mantaut