Les montagnards sont là, anzi i montanari sono sempre qua, ma si fanno notare poco. Di carattere schivo gli abitanti dell’alta valle, dopo giornate di duro lavoro silvopastorale, vivono chiusi nelle loro case di pietra, addossate le une contro le altre intorno alla parrocchiale romanica dal piccolo campanile, con i loro ballatoi di legno vecchissimo che scricchiola sotto i piedi e le scale a pioli malferme per salire su solai e fienili. I tetti di “lose”, pietre larghe e piatte di ardesia o roccia micacea, sembrano schiacciare le abitazioni, mimetizzandole nel paesaggio scuro di rocce e abeti. I vecchi raccontano storie di sacrifici e di lotte. Pré Saint Didier ne ha viste di tutti i colori. Si trova alla confluenza della Dora di La Thuile che scende dal Colle del Piccolo San Bernardo nella Dora Baltea che a Courmayeur è alimentata dalle gelide acque delle valli Veny e Ferret. Dai tempi di Annibale la Valle d’Aosta è stata sempre una via di transito di eserciti invasori, teatro di battaglie, contrasti e scambi, che mai hanno intaccato il ferreo carattere degli abitanti di ceppo franco-provenzale con apporti germanici. Sembra che la sofferenza maggiore per gli abitanti di Pré Saint Didier sia stato il cambiamento di nome imposto da Roma durante il ventennio fascista. In quegli anni infausti il piccolo borgo alpino fu chiamato San Desiderio Terme. I gaglioffi che pretendevano di restituire una caricatura d’impero alla capitale dell’Italia unita si dimostrarono oltre che ridicoli anche ignoranti del latino.
Infatti l’antico nome di questa località era “Prata ad Sanctum Desiderium”, da tradurre semmai in Prato di San Desiderio, sicché oggi dopo la dittatura e la guerra è nuovamente Pré Saint Didier. Il riferimento alle terme, tuttavia, non era del tutto campato in aria. A monte del paesino, ai piedi dell’orrido scavato dalla Dora di La Thuile, sgorgava una sorgente d’acqua radioattiva arsenico-ferruginosa alla temperatura del corpo umano. L’ambiente montano sempre freddo favoriva comunque un’impressione di notevole calore in chi immergeva una mano nel ruscello alpino che altrove si rivelava gelido, come risultato dello scioglimento dei ghiacciai. In epoca moderna e con l’incredibile incremento del turismo favorito dai tunnel alpini e dalla autostrada, la risorsa della fonte termale è stata sfruttata magnificamente con la creazione di un centro attrezzato straordinario. L’ospite, in pieno inverno, può godere dell’esperienza deliziosa di stare immerso all’aperto in una piscina calda nel paesaggio innevato, oppure fare in ogni stagione tutta una serie di cure nei locali appositi, in una atmosfera lussuosa e rilassante. Ovviamente la cittadina si è arricchita di residence e alberghi di tutte le categorie. All’alba, dalle finestre aperte lo stupendo arco dei monti più alti d’Europa assume tutte le tonalità di rosa. Appaiono di un rosa pallido gli immensi nevai, di un sericeo rosa antico i grandi ghiacciai con bagliori di fucsia in corrispondenza dei seracchi, rossastre le guglie di nuda roccia ferruginosa del fianco soleggiato della Val Ferret, rosa intenso con bagliori arancione e porpora la gigantesca sommità tondeggiante del Monte Bianco. Ai piedi dello straordinario scenario di neve, ghiaccio e roccia nuda la profonda vallata della Dora è ancora avvolta dall’oscurità con qualche sbavatura di nebbioline notturne sfilacciate fra le cime degli abeti della fitta foresta alpina. Il silenzio quasi religioso è rotto soltanto dal lontano scampanio di qualche mandria all’alpeggio sulle radure erbose. A destra si levano gigantesche le Grandes Jorasses con i loro canaloni a strapiombo sulla Val Ferret, al centro, come un enorme molare cariato puntato contro il cielo, s’innalza solitario e monumentale il Dente del Gigante, quota 4014, a sinistra il mammellone candido del Monte Bianco, tetto d’Europa a quota 4808, protende verso la Val Veny le braccia dei due immensi ghiacciai della Brenva e del Miage con le loro morene frontali e i massi erratici di roccia grigia.
Un’ora dopo il sorgere del sole lo spettacolo cambia totalmente. La catena montuosa abbaglia con il candore delle nevi eterne e i lampi azzurrini del ghiaccio in lento movimento. Più in basso spumeggiano mille cascatelle alimentate dal disgelo che si fanno strada fra le rocce delle morene di massi scuri. L’acqua scorre in torrentelli affluenti della Dora, attraversando l’oscura foresta di conifere montane e serpeggiando nelle radure allietate da un splendida fioritura di erbe alpine. Dalla pianura, percorrendo l’ampia e lunghissima vallata aostana, arrivano i turisti. Il rombo dei motori affaticati sulle ultime salite della valle echeggia fra i boschi. Solo i saggi si fermano a Pré Saint Didier. La gente non sa quello che perde. Tutti accorrono verso le mondanità di Courmayeur, bella, solare, piena di alberghi di lusso, ristoranti e negozi. Molti portano sopra le auto gli sci, perché qui si praticano gli sport invernali anche in piena estate. Da Courmayeur partono diversi impianti di risalita verso i rifugi di alta quota. Pochi s’avventurano lungo le strade strette delle valli minori, Veny e Ferret. L’ultima località molto frequentata è Entrèves dove, dalla frazione La Palud, parte la funivia più ardita d’Europa le cui cabine sorvolano a quote sempre superiori ai 3000 metri lo scenario dei ghiacciai del Bianco, scendendo poi in Francia a Chamonix. All’inizio della Val Veny, in posizione panoramica e pericolosamente sotto i seracchi del ghiacciaio della Brenva s’ammira la minuscola chiesa di Nôtre Dame de la Guérison con una Madonnina alla quale s’attribuiscono miracoli, tra i quali quello della stessa sopravvivenza del luogo di culto dal cui sagrato si possono osservare le continue frane di massi e blocchi di ghiaccio durante il disgelo estivo. Poco a monte di Entrèves la grande montagna ha subito la violazione di un lunghissimo tunnel, 11,6 km nelle viscere del Monte Bianco fra Courmayeur e Chamonix. Risulta più breve il viaggio in automobile fra Roma e Parigi, ma l’autostrada richiama nella Valle d’Aosta un fiume di traffico pesante, inevitabili infrastrutture deturpanti, inquinamento acustico e atmosferico. Quasi in contemporanea si è realizzata la apertura di un altro tunnel di quasi 6 km sotto il Colle del Gran San Bernardo per collegare meglio l’Italia e la Svizzera. Bisogna riconoscere, a prescindere dai danni ambientali, che per la Valle d’Aosta i nuovi collegamenti sono provvidenziali per togliere la regione dall’isolamento, favorire il turismo e lo sviluppo economico. Gli anziani valligiani storcono la bocca. La Valle d’Aosta è riconosciuta come area bilingue, ma è pur sempre una regione italiana. Tuttavia, per tradizione gli abitanti di queste montagne, con numerose valli laterali afflitte da un secolare isolamento, sono gelosi delle loro peculiarità e probabilmente gradirebbero di più essere amministrati dalla Francia o far parte come ennesimo cantone della vicina Confederazione Elvetica. Il francese parlato in valle, puro soltanto nella ufficialità dei discorsi e dei documenti pubblici, è pieno di varianti dialettali locali, chiamate “patois”, difficilissimi e mutanti da una vallata all’altra e spesso da un villaggio all’altro lungo la stessa valle. Nella Val del Lys i montanari Walser parlano ancora il “töitschu” e il “titsch” di origine germanica.
I prodotti tipici
La Fontina è certamente il principe dei formaggi ed uno dei prodotti più tipici e noti della Valle D’Aosta. Prodotto con latte intero e crudo è un formaggio ad alto valore energetico, con sapore dolce ed un aroma fragrante che si accentua con la stagionatura. Beneficia del marchio DOP – Denominazione Origine Protetta, conferito dall’Unione Europea la e che sancisce inequivocabilmente come debba essere prodotto esclusivamente in Valle d’Aosta.
Il latte ricavato dalle mucche dei pascoli di alta montagna è un alimento pregiato e completo per l’uomo, e viene qui utilizzato per produrre un ottimo latte oltre che tanti altri pregiati e saporiti formaggi, tra i quali le Tome, il Seras, il Salignon, la Brossa, ed il Reblec.
Tra i salumi spiccano il Jambon de Bosses DOP ed il lardo di Arnad, che ben si abbinano con i vini prodotti in Valle, in particolare qui. nell’alta Valle: il Prie Blanc, Torrete, Petit Rouge, Enfer, Gros Vien, Traimer, Erbaluce, Gamaret, Vuillermin, ed i bianchi dolci come il Muscat De Chambave e Nus Malvoisie Fletri.
Tra i prodotti tipici che vale sicuramente la pena di provare ci sono i diversi mieli, ottenuti da api che prelevano il nettare in pascoli non inquinati da pesticidi ed inquinamento. I più conosciuti sono il Millefiori, il miele di Castagno ed il Rododendro, per i quali è stato richiesto il marchio DOP.
Un piatto particolare dell’agroalimentare è la Seupa à la Valpelenentse (Zuppa di Valpelline), un piatto unico a base di pane bianco raffermo e fontina, burro brodo preparato con erbe aromatiche e cannella in polvere.
Area Sosta Camper
http://www.comune.pre-saint-didier.ao.it/datapage.asp?id=199&l=1
Informazioni turistiche
www.comune.pre-saint-didier.ao.it/datapage.asp?id=125&l=1