Nel lontano anno del Signore 1602 in una miserrima baita dell’Alto Canavese venne al mondo un certo Giovannino Berrardi. Ancor oggi occorre consultare una mappa molto dettagliata per localizzare questo sito. Si chiama Schiaroglio, frazione di Ribordone, uno dei comuni più piccoli d’Italia con soltanto 49 abitanti, al fondo della valle del Rio Bordone, affluente dell’Orco. Per raggiungere il boscoso fondovalle caratterizzato da una radura ricoperta di pascoli alpini, che si chiama Pascundù, prato nascosto nel dialetto locale, si parte da Torino seguendo la statale 460 per Ceresole Reale nel cuore del Parco nazionale del Gran Paradiso. Giunti a Pont la valle di biforca, a destra la Val Soana, a sinistra la valle dell’Orco. Poco oltre dalle rive dell’Orco, a Sparone, si devia nella stretta valle secondaria del Ribordone su una strada di montagna che mette a dura prova auto e autisti. L’avventura vale la pena, poiché a Prascundù esiste uno dei più curiosi santuari mariani del mondo, stranamente dedicato alla Madonna di Loreto. Qui è d’uopo riparlare del Giovannino Berrardi. Il piccolo era muto e destinato alla vita grama del pastorello in quella valle poverissima e piovosa. Un giorno, mentre triste e solo pascolava le sue pecorelle, vide ai margini della foresta una bellissima signora che si presentò come la Madre di Dio, la quale gli assegnò uno strano compito: Giovannino doveva recarsi a Loreto nelle lontanissime Marche, pregare nella sacra casa della Madonna, traslata dagli angeli su quei colli al cospetto del mare Adriatico dalla lontanissima Palestina. Al rientro, Giovannino doveva poi insistere presso gli abitanti del Prascundù affinché si costruisse in loco un secondo santuario mariano dedicato alla Vergine di Loreto. Intanto, sul sito della apparizione sgorgò una fonte tuttora considerata miracolosa. La famiglia Berrardi era molto religiosa, sicché il viaggio a Loreto fu subito organizzato, immaginiamo a dorso di mulo e chissà con quali difficoltà. Giorni e giorni di cammino per uscire dalle valli, attraversare varie regioni, anzi all’epoca diversi stati, e raggiungere i colli di Loreto. Esaudito il pio compito, Giovannino, sulla via del ritorno acquistò miracolosamente la parola e ciò fu un segno della benevolenza della Madonna. Con fondi e sacrifici dei fedeli piemontesi sorse a Prascundù, quota 1321, il Santuario con le relative dipendenze, diventando una meta di devozione molto nota a livello locale, con quella stranezza di essere un secondo Santuario dedicato alla Madonna di Loreto. Durante l’inverno Prascundù può rimanere per settimane sepolto dalla neve. Si parla di eventi eccezionali con oltre tre metri di spessore del manto nevoso che mette a dura prova i tetti delle “grange”, già pesantissimi in quanto ricoperti di “lose” della locale pietra micacea. Tuttavia, forse facendo parte del miracolo, la casa natale del Giovannino è ancora intatta e visibile fra le altre misere casupole, oggi molto ambite per le villeggiature estive dei torinesi amanti della pace e della solitudine. Per gli sport invernali non esistono impianti di risalita ed anche le strutture di accoglienza sono molto modeste, più adatte per campeggiatori e camperisti avventurosi. Qualche piccolo ristorante rustico offre le specialità della cucina locale molto simile a quella valdostana. Nella piccola valle, in seguito all’abbandono della modesta agricoltura alpestre le fustaie hanno invaso gli antichi terreni coltivati e le poche radure a pascolo, sicché proliferano i frutti di bosco, i porcini e sono di casa vere e proprie mandrie di caprioli e nocivi cinghiali dalle carni prelibate. Scendendo a valle in ora tarda occorre guidare con molta attenzione, poiché non è raro trovare dopo le curve intere famiglie di animali selvatici che sbarrano la strada.