Il nome francese, come le radici del dialetto locale, fa riferimento al vecchio ponte sul Soana, attraverso il quale si accede tuttora all’antico paese. Dopo qualche centinaio di metri il torrente, che ha scavato nei millenni la boscosa Val Soana, confluisce nell’Orco a sua volta proveniente dall’omonima vallata. Pont deve la sua importanza strategica proprio per questa sua posizione e per l’abbondanza di acque. Per molti anni fu una delle capitali dell’industria tessile con filande e cotonifici importanti per i commerci con la vicina Francia. Dopo la crisi del tessile e una lunga fase di declino, Pont è oggi la graziosa porta d’ingresso del magnifico Parco Nazionale del Gran Paradiso, meta di turisti amanti delle Alpi, della loro flora rara e della fauna, dove il camoscio è il superbo re incontrastato. Del suo antichissimo passato, Pont conserva due intatte torri di pietra grigia risalenti ai secoli X e XI. Una, posta su un’altura, domina l’imbocco della valle dell’Orco, l’altra svetta accanto al campanile della grande parrocchiale e controlla la val Soana. Nel centro storico esiste ancora, molto trascurata, la vecchia via principale con i caratteristici portici bassi piemontesi, qualche bel palazzetto barocco e molte antiche botteghe. Purtroppo i pontesi, come tanti altri provinciali italiani, hanno preferito trasferire residenze ed attività nelle aree nuove di espansione, come al solito caratterizzate da orripilanti condomini multipiani, edifici pubblici “moderni” a firma dei soliti architetti e geometri convinti di essere tutti dei piccoli Alvar Aalto, deturpando paesaggi e tessuti urbani che avevano un loro carattere specifico, inserendo a sproposito tipologie finlandesi nei vecchi borghi italici. In un dismesso locale comunale si trova un interessantissimo museo etnografico e dei vecchi mestieri con testimonianze di costumi, professioni e modi di vivere ormai scomparsi, ma che fanno meditare sui livelli di civiltà raggiunti da queste contrade già in tempi antichi. Pont non è molto preparata per l’accoglienza turistica, a parte un albergo d’epoca e un’area camper attrezzata, ma nelle località vicine si trovano buone strutture e soprattutto ristoranti famosi per la tipica cucina piemontese e, stranamente, ottime pizzerie e specialità di pesce nel cuore del vecchio Canavese. Un tempo si giungeva a Pont a bordo di carrozze d’epoca della ferrovia Canavesana, oggi scioccamente dismessa e sostituita con i soliti autobus blu ingombranti e puzzolenti. Comunque la cittadina si può considerare punto di partenza per la esplorazione delle due valli che s’addentrano nel Parco del Gran Paradiso. La Valle dell’Orco sale all’inizio dolcemente e poi con arditi tornanti e un lunghissimo tunnel fino a Ceresole Reale e poi oltre fino al Col del Nivolet dal quale si può scendere nella Valsavarenche attraverso una mulattiera. A Ceresole la valle è sbarrata da una imponente diga per la produzione di corrente elettrica e per alimentare un acquedotto. A monte si è sviluppato un magnifico lago e ovviamente un sistema di residenze e strutture per le vacanze estive e invernali. Salendo al Nivolet lo spettacolo del massiccio del Gran Paradiso e dei suoi laghetti glaciali è impressionante. La Val Soana, assai più stretta e boscosa sale da Pont fino a Valprato e Campiglia Soana, piacevoli località di villeggiatura montana, ma la vera “chicca” della valle è il villaggio di Ingria, oggi spopolato come tanti borghi antichi. Paradossalmente è ancora un comune sebbene rimasto con solo una quarantina di residenti, perché alcuni hanno la seconda casa dichiarata come prima per motivi fiscali, ma in effetti nei vicoli di straordinario interesse si incontrano solo due anziani che condividono i loro pasti con una volpe semidomestica. Qui sopravvive un dialetto alpino antichissimo. La scritta “Viro dlou paio” invita a visitare il borgo.
Umberto Mantaut