L’antichissima Zancle, falce nella lingua siculo-greca per la forma del porto, fu rinominata Messana dal tiranno di Reggio, Anassila, nativo di Messene. Da sempre considerata la porta della Sicilia e pertanto città di soli transiti e commerci, Messina ebbe una storia travagliata di assedi e assalti, cambi di dominazione e distruzioni belliche, alle quali si devono aggiungere le minacce naturali dei frequenti terremoti catastrofici, l’ultimo dei quali alle ore 5,20 del mattino del 28 dicembre 1908 rase al suolo la città e decimò gli abitanti colti nel sonno o nelle prime attività dell’alba. Al terremoto s’aggiunse un maremoto spaventoso a completare l’opera di distruzione. Della città antica non rimase quasi nulla e i regnanti del momento, i savoiardi venuti da Torino, nel pianificare la ricostruzione concepirono una nuova città con strade larghe, rettilinee e ortogonali fra loro, con criteri, appunto, torinesi e tecniche di edificazione antisismica con case basse e robuste di un discutibile stile moderno. Con queste premesse, Messina è a torto considerata solo come un luogo di passaggio privo d’interesse. Incuriosisce, per la verità, la magnifica scenografia della città arrivando con i ferry dalla Calabria, notando l’arioso lungomare, il verde dei giardini, l’eleganza dei quartieri sulle prime pendici dei Peloritani, l’emergere di cupole di chiese e le facciate di alcuni palazzi pubblici. Tuttavia, appena sbarcati, sia in treno che in auto, tutti si allontanano subito in direzione di Taormina o di Milazzo, senza dare importanza alla città sullo Stretto. Invece, Messina è solare ed accogliente. Per visitare questa città ci si spogli delle vesti del turista munito di guida, ma insicuro nello scoprire la vera essenza dei luoghi e la vita autentica delle città. Messina sorprende ed è una rivelazione. Il Duomo è ammirevole. Ha subito devastazioni a causa dei terremoti, ma è sempre stato restaurato con cura, conservando la mole e l’aspetto di un grandioso monumento medioevale, specie nel suo interno severo. Il Campanile, cuspidato e alto 60 m., possiede dal 1933 il più grande orologio meccanico del mondo, prodotto dalla ditta Ungerer di Strasburgo. Trovare nell’Italia del sud una torre campanaria di tipo nordico, con lo spettacolo di mezzogiorno con figure ed animali in movimento, è davvero una cosa rara.
La parte bassa della città è un sistema modernissimo di viali e strade ortogonali, orientati da nord a sud e da est ad ovest. Sul grande Viale Martino si svolge la maggior parte della vita commerciale della città, i negozi non hanno nulla da invidiare a quelli delle vie dello shopping di tante metropoli europee. Esiste una linea di tram avveniristici, una metropolitana leggera per servire tutta la parte costiera di Messina. La città è costretta a svilupparsi arrampicandosi sui contrafforti dei monti Peloritani. A monte, le strade non possono più essere rettilinee. I tortuosi Viale Italia e Viale della Regina serpeggiano fra palazzi eleganti che godono di magnifici panorami sullo Stretto. Infine, si riscende lungo le rive del mare e s’attraversano sobborghi, un tempo villaggi di pescatori, fino a Ganzirri con i suoi due Pantani. La zona è famosa per i ristoranti marinari e finisce con il Capo Peloro e la Punta del Faro. In direzione sud, la città inesorabilmente sfuma in una serie di sobborghi alquanto disordinati, ma ben presto la costa delle “zàgare” perde gli odori poco gradevoli del traffico e dell’affollamento per riprendere il profumo degli agrumi in fiore. La vita a Messina ha connotazioni differenti, rispetto agli altri capoluoghi siciliani, perché la città è protesa verso l’esterno e il “nuovo”, è un centro moderno di studi, ha aperture mentali nei confronti del resto d’Italia e verso l’estero. A Messina c’è maggiore equilibrio, conserva un fiero cuore siciliano, ma la mente è rivolta altrove. Sorprende scoprire che nelle edicole si vendono molti quotidiani del nord, i giovani tifano per la Juventus, gli studenti mirano a perfezionarsi all’estero, si studiano le lingue straniere. Per visitare la bella città basta una giornata, ma vale la pena. Chi alza gli occhi al tramonto dal quartiere di Santa Lucia vede il sole che cala dietro Antennamare, una cima dei Peloritani a quota 1124, ma per raggiungerla occorre seguire un percorso lungo e tortuoso. Poco a poco la città s’allontana in basso e la vista spazia sullo Stretto e sui monti del continente. Giunti in cima il panorama è grandioso. Le pendici montane sono rivestite di boschi di conifere con ampie radure dove cresce spontaneo l’origano. Poi il turista chiuda gli occhi e riviva quel momento felice ovunque mi trovi, ricordando l’odore delicato di quella spezia, il profumo di Messina.