In Maremma si corre! Qui l’energia di Larderello, la più interessante centrale geotermica d’Europa, conferisce ai treni la vivacità d’allegre vaporiere sospinte dai potenti getti dei soffioni boraciferi che sgorgano dalle viscere bollenti della nobile terra del Granducato. Sulla vecchia consolare Aurelia, qui ancora tutta da ammodernare, si viaggia con limiti di velocità. Occhi e mente si soffermano su dettagli che sfuggono a chi corre sulle autostrade. Fra Fonte Blanda, da dove è possibile scoprire le bellezze di Talamone, fino ad Alberese, si costeggia il Parco Regionale di Maremma che comprende la bassa catena dei Monti dell’Uccellina e un tratto della costa toscana ineguagliabile ed ancora vergine. I borghi apparentemente insignificanti, frutto di una vecchia bonifica di terre paludose, sono sostanzialmente agglomerati di fattorie agricole, ma molti imprenditori hanno fiutato l’affare dell’agriturismo e offrono piacevoli occasioni di tappa. Nel tardo autunno il paesaggio è idilliaco. Una bruma azzurrina ricopre le pianure dal colore castano della terra arata. I colli sembrano rivestiti da un amalgama d’oro, smeraldo, porpora e malachite. Il cielo pallido si fonde ad occidente con il blu cobalto del mare lungo la linea convessa dell’orizzonte. Pennellate cupe di cipressi sull’aia dei casolari e lungo le strade poderali. Sui prati giallastri per l’umidità affiorante, recintati da staccionate di nero legno di testucchio, acero e olmo, ecco i cavalli, presenza viva nella Maremma sonnolenta. Sollevano il capo al passaggio di treni e autotreni ed è subito eleganza. Non minuti come i purosangue arabi, non femminei come gli equini inglesi né imponenti come i cavalli della puszta ungherese, i maremmani hanno il carattere rude di chi è avvezzo a vivere in palude, fra le dolcezze della macchia mediterranea e il tepore della rena costiera. Forse non sono di pura razza, ma hanno nelle vene sangue caldo e nobile. Perfetti negli appiombi, le masse muscolari ben occultate sotto un vivido mantello, sembrano sempre all’erta, pronti a scattare in avanti, indomiti e fieri. Prevalgono i sauri con lucidità di castagne appena sgusciate dal riccio, rari i morelli nervosi, qualche splendido baio dalla criniera corvina. Nel branco pascolano esemplari pomellati, si distinguono musi deliziosamente listati e fronti spaziose, intelligenti, ornate da candide palle di neve. Animali divini che gli etruschi dotarono d’ali marmoree, come si nota nei cavalli del Museo di Tarquinia. Equidi coraggiosi se montati da prodi condottieri, miti animali da caccia e da lavoro domati dai butteri, cavalli favoriti negli ippodromi, saette di muscoli e crine nell’ora fatale della “mossa” al Palio di Siena. Bisogna concedersi questa strana tappa per avvertire tutto il fascino della Maremma, osservare gli straordinari quadri di “nature morte” e la vitalità dei cavalli bradi. Bisogna pernottare dopo una indimenticabile cena contadina toscana, alzarsi all’alba in una fattoria maremmana, raggiungere il più bello e il più giovane e sfiorargli la criniera. Di certo fuggirebbe allarmato. Il puledro libero non gradisce il tocco dell’uomo che vuole solo domarlo rudemente. La bellezza è schiva, non si lascia sfiorare dalle carezze. Fugge via e la mano rimane a mezz’aria delusa. Dolce puledro, le nostre braccia incerte di cittadini non hanno la forza per trattenerti, solo i butteri ti possono domare. Tu galopperai lontano da noi verso altri traguardi, lasciandoci col desiderio di restare nella tua dolce Maremma.