Oggi si può ben dire che fra Italia e Svizzera il passo sia breve. Tra la Valle di Aosta e il Vallese francofono da tempo è stato scavato un lungo tunnel. Si viaggia veloci in ogni stagione, al buio con pedaggio salato e si perde molto. La salita al Colle del Gran San Bernardo a quota 2.473 era e può essere ancora un’esperienza meravigliosa, sebbene limitata alle belle stagioni. In inverno se nevica molto il passo rimane chiuso. Lasciata ad Aosta la A5, Torino-Monte Bianco, si viaggia fino a St Oyen sulla superstrada internazionale, ma al bivio successivo si opta per la vecchia statale rimasta con il tracciato tortuoso dei tempi napoleonici. I motori faticano sempre più nei tornanti man mano che si sale a quota 2400, ma il paesaggio montano è straordinario. Dopo quota 2000 la vegetazione arborea scompare e i pascoli alpini appaiono ricoperti di una flora ricca e coloratissima. Al valico si adagia un laghetto alpino nel quale s’affacciano i vecchi edifici della frontiera, ormai anacronistica con le sbarre sempre aperte. La Svizzera non ha mai aderito ai trattati di Roma ed è rimasta sdegnosa, ricca e alquanto antipatica, anche perché ha conservato ovviamente la sua moneta forte, che ci obbliga al cambio e a sottostare a prezzi proibitivi. Tutti i turisti fanno tappa per rifocillarsi ed ammirare i paesaggi dei due versanti, ma soprattutto per visitare l’allevamento-museo dei famosissimi cani San Bernardo. Sono animali di grossa mole, ma di aspetto mitissimo. Si può dire che anche da adulti conservino tutta la dolcezza dei cuccioloni. Verrebbe voglia di adottarne uno, bisogna però sapere che questi bellissimi esemplari, oltre ad essere rari, soffrono molto se portati in climi differenti da quelli delle alte quote. Gli allevatori spiegano come i San Bernardo vengano educati per essere utilissimi nel soccorso alpino. Molti, vittime di valanghe o incidenti di alpinismo, debbono la vita a questi cani, che nell’immaginario collettivo hanno appesa al collo la fiaschetta di cognac per un primo sorso rianimatore di persone semicongelate o ferite. Le montagne intorno, un tempo maculate di bianco dagli innumerevoli nevai ritenuti eterni, appaiono in questo secolo che sembra nato male per i cambiamenti climatici e le loro infauste conseguenze, si presentano grigie e spoglie, sicché si ritorna pensierosi verso le terre basse afflitte da un’estate caldissima e dalla siccità. Tuttavia, l’esperienza vale la pena.
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GPS N 45°50’44” E 7°10’32”