Il fascino di Biella continua a risiedere nella sua acropoli, conosciuta con il nome de il Piazzo, un borgo medievale con tutte le caratteristiche degli antichi centri piemontesi con i loro portici bassi e oscuri, le piazzette, le severe case nobiliari, le chiese, la cisterna e le pareti in cotto. Dall’alto si domina il panorama della vasta città nuova dilagante nella pianura, con le sue pretese di piccola capitale da quando è stata dichiarata capoluogo di provincia, distaccato da Vercelli. Comunque le glorie di Biella sono finite in un certo senso quando ha perduto il titolo di capitale italiana del tessile. I lanifici biellesi erano famosi per la qualità dei prodotti. La crisi fu la conseguenza della diffusione delle fibre sintetiche e dei danni delle guerre. La seconda guerra mondiale fu vissuta da Biella con una intensa e dolorosa partecipazione alla lotta di liberazione. Per la sua posizione pedemontana, Biella non si colloca lungo i grandi itinerari turistici, ma quando si raggiungono le sue periferie si nota che la città è ordinata e pulita, con ariose strade commerciali, edifici moderni, sedi di banche e uffici amministrativi, comunque senza nulla di caratteristico che meriterebbe una visita. Invece, il turista informato cerca non senza una certa difficoltà la piazzetta dalla quale parte dal basso la funicolare, simile ad un impianto di ascensore a “dentiera” ripidissimo che sale fino al Piazzo in pochi minuti. La corsa è gratuita e regala emozioni d’altri tempi, evita una salita a piedi faticosissima oppure un percorso a tornanti per poter raggiungere la città vecchia in automobile. Il Piazzo, un tempo cuore pulsante di Biella ha la dignità e gli acciacchi di una nobile decaduta che osserva indignata dall’alto il tumultuoso sviluppo della città moderna.
La vecchia Biella è rimasta “piemontese”, conservatrice, sobria, scontrosa, sospettosa nei confronti del “nuovo”, del diverso, dell’intruso, aggrappata alle sue montagne che non le risparmiano un clima che i meridionali definiscono “otto mesi di friddu e quattro mesi di friscu”. Eppure, nel 2019 l’UNESCO ha dichiarato che Biella è creativa come sede di arti ed artigianato pregevoli e nel 2021 fu indicata come “Città alpina dell’anno”. Biella non ha a che vedere con “bella”, ma è senza dubbio graziosa. Semmai il nome deriva da Bugella come si chiamava il primo nucleo ai tempi del Sacro Romano Impero, bu-cellae, un misto di latino e celtico, dove bu sta per minore e cellae per abitato, al confronto con Vercelli , ver ossia maggiore e cellae città. Forse così si spiega la lunga lotta che i notabili biellesi hanno sostenuto per anni al fine di separarsi dalla provincia vercellese e formare un nuovo ente locale, paradossalmente mentre le province sono ritenute un pesante doppione inserito fra comuni e regioni. Viviamo in tempi a dir poco curiosi, preoccupanti e follemente dispendiosi.
Umberto Mantaut
Foto tratte da Wikipedia
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P.zza Sandro Pertini
GPS N 45°33’19” E 8°04’07”