Una neonata con la pelle rosea, un sorriso ingenuo e incerto, il bisogno di una madrina che la tenesse a battesimo, così appariva la piccola Repubblica di Slovenia nel momento in cui la Jugoslavia cessò di esistere come stato raffazzonato sotto il tirannico regime di Tito. Il rapporto mal sopportato con la serba Belgrado si interruppe definitivamente nel 1991, senza traumi, poiché una piccola guerra durò solo dieci giorni. Sparito il dinaro inflazionato, sostituito con il dignitoso tallero, tagliati i ponti con il sud lacero, di razza e religione differenti, la Slovenia sembrava una provincia un po’ arretrata dell’Austria, più che un prolungamento ad est del Veneto. Ironia della sorte, la regione più nordica e progredita del defunto paese di lingua serbo-croata si trovò nella condizione di “terronia” del mondo germanico. La seconda lingua della Slovenia era il tedesco e la valuta più accettata il marco, ma il paese sembrava non disposto a rimanere arretrato. Ovunque si avvertiva un fervore di rinnovamento, si costruivano nuove strade, erano in corso restauri, si aprivano cantieri e, per merito dell’indole della popolazione, tutto si svolgeva con ordine e nella massima pulizia. Ben presto da Fernetti a Postumia e Lubiana si poté correre su una modernissima autostrada nel bel paesaggio carsico. Oggi la Slovenia ha pretese di nazione e dimensioni di regione nella grande eurozona. Ljubljana, come tutte le città attraversate da un fiume, ha una grazia tutta particolare: belle case dai colori pastello, ponti eleganti, un castello imponente, cupole e campanili barocchi che si specchiano nelle acque tranquille e limpide della Ljubljanica, affluente della Sava. La città è allegra e bella, a dimensione d’uomo. Visitarla è un piacere, proprio perché non presenta gli inconvenienti delle metropoli. La gente è amabile, passeggia senza fretta nelle belle strade, sosta nei caffè in riva al fiume, cena a lume di candela nelle piazzette o lungo vicoli pittoreschi invasi da tavolini e ombrelloni, come in un piacevole luogo di villeggiatura. Proprio in questo anno 2021, l’UNESCO ha decretato per ragioni squisitamente culturali di dichiarare gran parte del centro storico di Lubiana come un insieme notevole di opere d’arte da preservare. Fra tutte soprattutto le realizzazioni architettoniche del grande Jože Plečnik. L’elenco comprende i ponti e le passeggiate lungo la Ljubljanica, biblioteche, piazze, parchi e mura, la grande chiesa di San Michele a Črna Vas e persino un cimitero. Naturalmente si nota che molti edifici hanno subito sapienti restauri che ne hanno aumentato lo splendore. Colpisce molto l’eleganza dei negozi e delle persone per strada, indice del raggiungimento di un notevole livello di benessere che si è sovrapposto al notevole civismo degli abitanti di lingua slava e abitudini austriache.
Umberto Mantaut