Molti di noi, almeno una volta nella vita, si sono trovati di fronte all’esigenza di presentare il proprio curriculum. Non si tratta di un semplice elenco di dati anagrafici, bisogna fare ampio rifermento ai titoli di studio, all’anno di conseguimento, ai voti e agli argomenti delle tesi, dichiarare il livello di conoscenza delle lingue, oggi essenziali. Seguono le esperienze di lavoro a dimostrare le competenze e indicarle come fonti di referenze. I curricula sono richiesti spesso per concorsi, si allegano alle richieste d’impiego, dovrebbero essere attentamente vagliati per chi aspira ad incarichi pubblici. Qui si sono sempre notati problemi. Spesso, proprio chi ha grandi responsabilità tende a “gonfiare” il suo curriculum vitae, che si converte in una falsa esibizione di eccessiva autostima, oltre che un inganno. Si narra di ministri che hanno vantato lauree, avendo solo diplomini, magari conseguiti all’insegna del “tutti promossi”. Qualcuno, per aggiungere una piuma alla coda di pavone, dopo una gita a New York di una settimana tutto compreso, è capace di vantare un master in una università americana, che poi dichiara di non averlo mai conosciuto. La farsa e il relativo girotondo delle competenze si ripete ad ogni cambio di governicchio. Giurano e spergiurano davanti a un Presidente impettito, allibito e forse non al corrente dei curricula degli aspiranti alle alte cariche ministeriali: un dentista all’Agricoltura, un perito agrario alla Sanità, un avvocaticchio ai Lavori Pubblici, un riformato alla Difesa, una guadarobiera alle Finanze, un ragioniere allo Sport. Passando dal “grande” al piccolo e alle realtà locali, qui ci troviamo nuovamente alla vigilia delle elezioni amministrative. Dobbiamo eleggere i nuovi sindaci a Cerveteri e Ladispoli, cittadine sorelle siamesi, le quali unite rappresenterebbero quasi un capoluogo di provincia, mentre separate si dibattono nei loro piccoli problemi. Finalmente la “rosa” dei candidati ha meno spine del solito, sicché la scelta appare facilitata. Forse, senza dispersioni di voti e auguriamoci senza assenteismo, i cittadini potranno orientarsi meglio. A questo punto dovremmo suggerire ai candidati di puntare molto sul loro curriculum, rendendolo pubblico in campagna elettorale con tutti i dettagli. Chi vive sul territorio già conosce ed ha visto all’opera le persone, sicché può controllare attraverso la lettura dei curricula se le competenze dimostrate hanno riscontro nei titoli, nelle esperienze professionali e nei risultati notati sui territori. L’altro punto di forza dev’essere il programma. Basta libri dei sogni, cahiers de doléances sugli insuccessi delle vecchie giunte, elenchi dei presunti difetti dei concorrenti. E’ sufficiente un foglietto di un notes con pochi punti programmatici seri, ma realizzabili davvero nello spazio temporale del mandato, con i mezzi reali, economici ed umani, a disposizione.
Umberto Mantaut