La Comunità Europea, trasfomatasi in Unione, passando da 6 a 27 paesi membri, ha tradito tutti i sogni dei padri fondatori, firmatari del Trattato di Roma. La Commissione insediata a Bruxelles, considerata la Capitale e il centro delle decisioni dell’U.E., doveva emanare direttive volte ad armonizzare le legislazioni degli stati membri e migliorare la vita dei cittadini europei, sia pure di fronte alle diverse condizioni ecomonico-sociali dei paesi sempre più numerosi entrati a far parte dell’Unione, partendo dai grandi paesi fondatori, fra i quali l’Italia che ha sempre dato un contributo essenziale nella complessa gestione degli apparati. Purtroppo, e forse solo ora ce ne rendiamo conto, a Bruxelles e a Strasburgo, sede del Parlamento Europeo, più rappresentativo che costruttivo, abbiamo permesso che nei gangli vitali si insediassero euro burocrati mediocri per capacità e protervi nel fare di tutto per danneggiare gli stati membri, specie l’Italia, considerata inaffidabile e piena di debiti. Alcuni paesi in crisi, come la Grecia, sono stati massacrati dalle decisioni europee condizionate dall’asse franco-tedesco, altri allarmati e poco disposti a sottostare alle regole spesso folli, se la sono data a gambe levate come il Regno Unito. Impregnati di superate ideologie antieconomiche, impreparati in geopolitica, presuntuosi ed ultimamente anche corrotti ai limiti dell’alto tradimento coloro che abbiamo eletto a rappresentarci a Bruxelles hanno commesso errori imperdonabili, dei quali stiamo pagando le conseguenze. Per fare qualche esempio, pensiamo all’agricoltura e agli allevamenti. Sono stati “pagati” gli agricoltori per tenere incolte le terre ed ora ci accorgiamo che per il grano e i foraggi siamo dipendenti all’Ucraina in guerra. Importiamo tutto e di tutto, puniamo chi lavora e produce con regimi fiscali asfissianti, esportiamo a fatica avendo una moneta forte che doveva arricchirci, mentre ha avvantaggiato (relativamente) solo i tedeschi. Ci siamo consegnati con mani e piedi legati ai fornitori di gas e altri carburanti, subendo prezzi e consegne irregolari per le nostre esigenze energetiche a manovratori esterni del mercato. In sostanza, visti i danni arrecati nei vari settori vitali delle economie di molti paesi membri, era molto meglio quando i saputelli di Bruxelles dettavano legge solo circa il grado di curvatura dei cetrioli, il diametro dei limoni e delle uova e si occupavano di altre amenità. L’ultima trovata, questa volta forse mortale per l’industria dei veicoli e la mobilità su gomma, risiede nelle disposizioni folli che imporranno la rottamazione di tutto l’enorme parco veicolare con motori a scoppio e la diffusione forzata di soli veicoli elettrici. I grandi mezzi di comunicazione di massa, per non disturbare gli euromanovratori “gretini”, non hanno finora pubblicato calcoli e previsioni. Purtroppo ci accorgeremo della tragica realtà solo fra una dozzina di anni, un tempo “storico” brevissimo durante il quale sarà obbligatorio ma in sostanza impossibile adeguarsi. Per fortuna esistono ancora, a dispetto di chi vorrebbe censurarli, giornali liberi che si sono presi la briga di fare i famosi due conti della serva, saggia tradizione di tempi ormai lontani. Il Sole 24 Ore ha ingaggiato giornalisti meticolosi che hanno fatto una seria prova “sul campo”, nella fattispecie l’autostrada del sole fra Milano e Napoli, 786 km, percorsi a bordo di una Volkswagen Golf 8 2.0T in otto ore, spendendo euro 76 di gasolio. Poi hanno ripetuto l’esperienza con una Volkswagen Id 3 elettrica. Ebbene, con la ultramoderna vettura sono state necessarie quattro tappe per ricaricare le batterie, 35 minuti ogni volta, quindi due ore e venti minuti di viaggio in più, e, a conti fatti, la spesa per la energia elettrica consumata è stata di euro 107,62. Ci diranno che la macchina elettrica non inquina, sicché i sacrifici (in termini di tempo perso e denaro speso) valgono la pena, ma non si precisa da che tipo di centrali provenga la corrente elettrica necessaria. Non abbiamo centrali nucleari pulite, non abbiamo ancora deturpato tutti i paesaggi italiani con le orribili pale eoliche, non abbiamo ancora coperto intere pianure con pannelli fotovoltaici, sicché abbiamo bruciato gas, petrolio o carbone, come si fa e si continuerà a fare in tutto il mondo, specie nell’Asia in tumultuoso sviluppo economico, ormai avvolta da una perenne nube di smog. Forse, ma bisogna nutrire forti dubbi, in una dozzina d’anni riusciremo a rivoluzionare in chiave elettrica tutto il nostro grande parco veicolare, che non è solo composto da milioni di autovetture, ma anche da moltissimi mezzi pesanti che assicurano su gomma i rifornimenti. Troveremo le aree dove ospitare enormi cimiteri di auto rottamate? Doteremo i distributori e le grandi aree di servizio di sufficienti “prese” di corrente per ricaricare milioni di nuove auto elettriche comprate a caro prezzo e i nuovi TIR e i bus dotati di batterie? Sapremo finalmente procurarci l’energia in grandi quantità da fonti pulite? Ci vogliamo o no rendere conto del folle elettroinganno che si nasconde dietro le presunte buone intenzioni delle nuove direttive comunitarie concepite dai “gretini” di Bruxelles? Per concludere con una risata amara immaginiamo il ferragosto del prossimo 2035, sempre sull’autostrada del sole. Migliaia di milanesi lasciano all’alba la brumosa capitale industriale d’Italia per andare al sud a godersi le agognate ferie estive. Su tre corsie a passo d’uomo con frequenti stop and go arrivano tutti insieme verso Bologna a bordo delle nuove vetture elettriche. Nelle aree di servizio bisogna per forza fermarsi per ricaricare le batterie. I punti di rifornimento sono numerosi, ma la fila delle auto in coda è lunghissima. Ogni ricarica richiede 35 minuti, dopo il caffè al bar ci si rende conto che con venti auto in attesa di attaccare la spina bisognerà aspettare per 700 minuti, circa 12 ore, prima di poter ripartire. Ripetendo questo calvario per altre tre volte lungo la A1 si arriverebbe a Napoli dopo due giorni e due notti di viaggio, con relativi pasti e pernottamenti nei giganteschi motel costruiti nel frattempo. Le auto tanto odiate dai fanatici ambientalisti saranno finalmente impossibilitate a muoversi e non solo nei giorni di punta. Converranno aerei e treni ad alta velocità che nel 2035 offriranno voli e corse frequentissimi, oscurando i cieli e divorando quantità enormi di carburanti ed energia prodotta chissà come. Ammettiamo pure che la piccola e diligente Europa riesca, dal nord che si ritiene virtuoso al sud “casinaro”, a funzionare ad energia pulita entro un decennio, faranno gli stessi enormi sacrifici le grandi nazioni asiatiche già oggi causa maggiore dell’inquinamento, quelle africane in via di sviluppo, le potenze americane del nord e del sud e la lontana Australia? Forse dovremmo ricordarci che la famigerata CO2 accusata di inquinare i cieli è anche il nutrimento fondamentale di tutto il patrimonio verde del mondo, dalle grandi foreste alle alghe microscopiche degli oceani, dall’orticello di casa ai viali delle città. Ci sono grandi progetti di rimboschimenti? Riprenderemo a coltivare i campi lasciati incolti in ossequio alle idiozie comunitarie? La pianteremo di segare alberi secolari a centinaia solo perché hanno radici sporgenti, perdono le foglie in autunno e ci costringono a scopare i marciapiedi? Per finire, il fucile a canne mozze nelle mani della ormai famigerata Commissione Europea, dopo il colpo fatale per le nostre auto ha sparato la doppietta. Entro tempi brevissimi dovremo mettere il “cappotto” a tutti i nostri edifici per renderli ecocompatibili ed elettroautonomi, con spese folli e risultati estetici esiziali per le nostre belle città storiche. Faranno le stesse cose per i grattacieli di New York, Pechino, Toronto e Singapore? Smetteranno nelle baraccopoli di tutto il mondo di cucinare con la carbonella? Uccideranno tutte le mucche del pianeta le cui flatulenze farebbero più danni degli scappamenti di tutte le nostre automobili? Chissà! Intanto becchiamoci l’accusa di essere euroscettici e politicamente scorretti.
Umberto Mantaut