Stiamo indubbiamente attraversando un periodo di scadimento di valori e costumi, dove il rispetto di persone e regole lascia il posto a prepotenza ed arroganza con conseguente contrasto e conflitto, tra popoli, religioni, etnie e purtroppo persino tra persone appartenenti agli stessi gruppi. E la politica nulla contrappone a questi fenomeni, qualora ne fosse all’altezza, anzi è netta la sensazione che tali contrasti costituiscano le cosiddette armi di distrazione di massa. Di contrapposizioni artatamente ingigantite ed alimentate ce ne sono molte, ad esempio quella recente che vorrebbe l’uno contro gli altri lavoratori e pensionati. Raccontano che chi va al lavoro lo farebbe anche per garantire la pensione a chi non lavora più, quindi giovani contro anziani. Non è proprio così, è vero che i soldi per pagare le pensioni vanno in un calderone che se nessuno lo alimenta si svuota in fretta, ma in quel calderone gli attuali pensionati quando lavoravano hanno versato e come, esattamente quanto calcolato dagli esperti e non certo per difetto. Il problema è che in quell’enorme calderone hanno mischiato previdenza ed assistenza.
Tratto dal sito dell’Inps
FEDER.S.P.eV. e CONFEDIR da oltre trenta anni, da quando cioè è stata promulgata la legge 88/1989 che all’Art.37 prevede la separazione fra previdenza ed assistenza, hanno sempre sostenuto la imprescindibile necessità di separare, nel bilancio INPS, tali spese per definire con chiarezza i costi legati all’assistenza (e, quindi, a carico della fiscalità generale) da quelli legati alla previdenza (legati ai contributi lavorativi versati). Separazione prevista, peraltro, dalla nostra Carta costituzionale.
Da sempre la politica ha eluso la legge 88/1989; da sempre i vari presidenti dell’INPS (inclusi gli ultimi quattro) nulla hanno fatto in questa direzione, nonostante – nel corso degli anni dal 2011 ad oggi – i vari governi abbiano caricato sull’INPS almeno una decina di voci assistenziali.
Dopo aver sfruttato per un po’ di tempo questa favoletta ora si stanno organizzando per dividerci ancora. Anche la televisione, uno dei più diffusi mezzi di comunicazione di massa, che ha grande forza comunicativa, enorme potere di penetrazione e da sempre soggetta ad influenze politiche, ha cominciato a suddividere gli anziani dai giovani con la messa in onda di trasmissioni a tema.
Alcune riflessioni però andrebbero fatte, se non altro come esame di coscienza, qualora la coscienza rappresenti ancora un valore. La prima e fondamentale considerazione è che non deve esserci vittoria tra giovani ed anziani, bensì unione d’intenti ed interconnessione nel rispetto dei propri ruoli. Da sempre l’anziano rappresenta l’esperienza, la vita vissuta, la riflessione, mentre il giovane personalizza ardore, forza, impulsività. Ed occorrerebbe dare consapevolezza a queste naturali differenze, non utilizzarle per dividere, perché se è vero che l’anziano è meno tecnologico è altrettanto certo che il giovane è fortemente specializzato nel campo in cui ha studiato mentre è assolutamente digiuno del resto, della vita vissuta. Per rendersene conto basta guardare uno dei tanti programmi nei quali si tratta anche di cultura, dove giovani plurilaureati e frequentatori di master rispondono così:
D – Chi affrescò la Cappella Sistina?
R – Macchiavelli.
D – Il versante italiano del Monte Bianco si trova in Val d’Aosta o in Sardegna?
R – In Sardegna.
D – Altro nome di Formosa
R – Tettona.
Ma questo non deve stupire, o meglio, è normale che un anziano non conosca a fondo Tik Tok, così come è accettato che un giovane scambi l’isola di Formosa con una donna procace, l’importante è la reciproca comprensione, il rispetto, e non la contrapposizione.
Giorgio Raviola