La dromedaria Palomita è un raro esempio di albinismo fra i camelidi. Tutta bianca, con l’occhio nerissimo dall’espressione stranamente ironica, segue la carovana assai malvolentieri. Il cammelliere, lacero e molto più puzzolente dell’animale, racconta strane storie sugli amori di Palomita con Cleopatro, un normalissimo dromedario dal pelame marrone. Il grande problema è che i due non si sono ancora decisi a mettere al mondo un piccolo che per l’allevatore rappresenterebbe futuri guadagni, poiché a Lanzarote la carovane portano in giro i turisti in un paesaggio lunare. L’uomo parla un curioso spagnolo. Sbaglia tutti gli accenti e coniuga i verbi in modo strano, come fanno i “portegni”, abitanti di Buenos Aires. Forse alle Canarie si fa sentire un influsso sudamericano nell’uso della lingua castigliana. La carovana procede lentamente, ma non affronta dune desertiche, bensì strane colline nerastre, formate da ceneri e lapilli. Lanzarote è un mondo a parte, quasi un nascente pianeta alieno crivellato da oltre trecento crateri. Le continue colate di lava non hanno permesso lo sviluppo della vegetazione e il paesaggio è nero, infernale, sconvolto da figure mostruose, frutto della solidificazione del magma al contatto con l’aria. In alcuni punti si aprono anfratti in fondo ai quali la lava, ancora incandescente, sviluppa fiammate se si gettano giù manciate di paglia oppure soffioni di vapore surriscaldato se si introduce acqua. La zona si chiama “ Montaña del fuego” e sulla vetta si possono cucinare le bistecche appoggiando una graticola al suolo. Il terreno scotta sotto i piedi di chi s’avventura su quei pendii desolati, ma laddove la colata ha raggiunto l’oceano, dallo sconvolgente incontro del fuoco con l’acqua marina, si sono sviluppate enormi bolle di vapore che hanno generato grotte e caverne aperte verso il cielo. Sul fondo l’acqua ha formato piccoli laghi animati da strani granchi bianchi e ciechi. Sulle sponde dei laghetti e lungo le pareti delle caverne si è acclimatata una rigogliosa flora tropicale. Gli antri più belli, dall’ambiente fantastico, hanno nomi suggestivi. Jameos del Agua e Cueva de los Verdes ospitano purtroppo varie attrezzature turistiche che in parte snaturano questi luoghi misteriosi. Nelle poche zone dell’isola dove l’uomo ha potuto insediarsi sorgono villaggi agricoli e centri turistici. Qui piove assai poco, in media tre giorni ogni due anni, quindi la coltivazione dei terreni è una lotta continua contro la siccità. Il suolo è tutto cosparso di strane cavità orlate da pietre scure. In fondo ad ogni buca si nota appena una magra pianta di vite con due o tre piccoli tralci, poche foglie e rari grappoli. Eppure, da quei frutti i contadini ricavano la prelibata “malvasia” di Lanzarote. Ce la
fanno gustare in una fattoria, con una squisita minestra di verdure selvatiche, carne alla brace e frutta locale ricchissima di zuccheri. Palomita è stata molto indisciplinata durante tutta la passeggiata. Ha brontolato e sbuffato, ha abbandonato più volte la carovana ordinata e lenta, ha preso scorciatoie pericolose facendo imprecare il suo padrone e spaventare i passeggeri, ma tutto le è stato perdonato, perché troppo simpatica. Ora la bestie riposano accovacciate sui lapilli neri nel pomeriggio tropicale. L’oceano assume tonalità cupe, si leva un vento salmastro che sibila fra i cactus e le figure spettrali di pomice. L’isola sembra invitare gli intrusi ad andarsene. S’avverte il brontolio dei suoi vulcani. Di notte fra i crateri di Lanzarote anche i più ardimentosi forse non dormono sonni tranquilli.
Umberto Mantaut