“Compio delle scelte di piantagione, per mischiare peperoncini piccanti con quelli meno”: intervista esclusiva
di Marco Di Marzio
Quando le passioni non conoscono confini e in una sola persona posso spaziare in ambiti diversi se non addirittura opposti per forma e sostanza. È il caso di Giuseppe Cifati, conosciutissimo a Ladispoli con il diminutivo di “Pino”, titolare sul territorio di un’azienda che offre servizi di riparazione per macchinari attivi nell’agricoltura. Uomo capace di portare entusiasmo ovunque, con mille esperienze sulle spalle e dalle molteplici passioni come quella per i trattori antichi e le auto d’epoca, Cifani nell’ultimo anno è stato anche collaboratore alla pubblicazione del libro “Ladispoli – Un lungo viaggio nel tempo – Volume 3 – Tremila anni tra storia e immagini” – Edizioni CISU, dove ha portato un significativo contributo alla riscoperta del passato della città balneare. Giunto alla veneranda età di 91 anni, pur dimostrandone molti meno per aspetto fisico e capacità d’azione, il segreto di così tanta gioia di vivere però sta anche un altro interesse da lui espresso, letteralmente “coltivato e conservato con cura”, quello per il peperoncino, che in molti, in maniera leggera, scherzosa ed allegra, lo considerano il mistero svelato della sua eterna giovinezza corporea. Un vero e proprio elisir di lunga che incuriosisce chi scrive da indurlo ad approfondire l’argomento, incontrando Pino Cifani per una breve intervista nel quale conoscere più da vicino, tecnica e ragioni di amore profondo, giunto ad essere apprezzato da un pubblico numeroso.
Caro Pino, come è nata questa tua passione per la coltivazione e conservazione del peperoncino, gradito da molti?
Premesso che a me è sempre piaciuto mangiare un po’ piccante, all’inizio ho provato a farlo a secco ma non mi piaceva, sotto i denti lo sentivo duro, per poi passare a tagliarlo fresco. In principio lo conservavo con l’aceto, sapore che ad un certo punto però, giunto a metà barattolo di conservazione, disgustavo. Alla fine mi sono inventato di togliere l’aceto e di farlo con il sale, riuscendo finalmente ad addolcirlo, levandogli l’amaro e il bruciore che lo caratterizza. Così è nata e si è sviluppata una delle mie tante passioni.
Come si è diffuso l’apprezzamento verso il peperoncino da te prodotto?
Pian piano ho cominciato a farne un po’ per me, poi per qualche amico ed infine per un giro sempre più esteso di contatti, che hanno oltrepassato il territorio del Lazio. La gente mi vede e parlando viene a scoprire questa mia passione, finendo per chiederne un barattolo. È divenuto un fatto da non crederci, che mi riempie di gioia però.
Metodi e tempi di preparazione per la conservazione?
Ormai è divenuto un vero e proprio lavoro, pianto 500-600 piante all’anno. Scelgo i semi e faccio 4 quintali e mezzo di olio di peperoncino. Compio delle scelte di piantagione, per mischiare peperoncini piccanti con quelli meno. Mettendoli insieme si amalgamano producendo di conseguenza un bruciore più attenuato, adeguato ai gusti del palato.
Il peperoncino fa davvero bene?
Io ne mangio 1 kg al mese. Il peperoncino, assaggiato in giuste quantità, si fa bene, fa bene al sangue, fa bene al cuore, è un tocca sana. Ho tanta gente anziana che viene a prenderlo, persone che prima non lo amavano affatto, perché come lo preparo io non ti brucia la bocca e riesci a sentire i sapori delle altre cose. Spesso si dicono inesattezze, il peperoncino fa bene a tutto. Potrei portare esempi tangibili di clienti che in parte hanno risolto loro problemi fisici.
Quale eredità per questa passione?
Ci sto lavorando, sto provando con i miei nipoti, ma ci vuole del tempo perché è un lavoro eseguito con estrema particolarità. Nel mentre, finché ne avrò le forze, continuo io stesso a soddisfare le tante richieste che continuamente mi giungono da amici e conoscenti.