Il nome sinistro non s’addice ad una sobria ed elegante dimora signorile dell’Île de France, costruita nel 1622, ma la Malmaison deve la sua etimologia ad una vecchia storia di briganti e razzie che partivano da questi luoghi ai danni dei contadini. Oggi il sito è idilliaco, ma ispira una certa mestizia. E’ tenuto come un museo assai originale e piuttosto semplice se si pensa alle vicende grandiose e tragiche, ma anche di una modesta quotidianità, che si sono svolte fra quelle pareti. All’esigente Giuseppina Beauharnais il palazzotto piacque un giorno davvero molto, ma il prezzo esorbitante di 330.000 franchi/oro spaventò il potente consorte. Napoleone, nonostante le moine, non ne volle sapere e partì per la campagna d’Egitto negando il consenso all’acquisto. Occorre però sapere che Giuseppina non era tipo da arrendersi. Facile a contrarre debiti, versò una caparra di 30.000 franchi e attese vezzosa il ritorno del suo eroe.Napoleone la prese male e la lite portò la coppia al limite del divorzio, ma alla fine le ”arti” di madame ebbero la meglio. La piccola reggia venne trasformata in luogo appartato di riposo e delizie. Tuttavia, Napoleone promulgò subito una legge che vietava alle mogli di prendere decisioni autonome in materia d’acquisto d’immobili. Come dire, la stalla fu chiusa quando i 330.000 franchi erano già scappati. Giuseppina visse alla Malmaison come s’addice ad una vera diva. Prima regola, mai indossare un abito due volte. Gli splendidi e costosissimi capi d’abbigliamento imperiali venivano elargiti a dame di compagnia ed amiche, le quali, dopo averli indossati a loro volta una sola sera, li portavano a sarte compiacenti esperte in modifiche talmente scaltre da poter rivendere i capi alla distratta Josephine, complice ignara di un vero e proprio riciclaggio ai danni del portafoglio napoleonico. Il divorzio per ragioni di stato non separò la Giuseppina dal cuore dell’imperatore. Lei rimase sempre trepidante nei salotti della Malmaison, attorniata da amiche manutengole e giovanotti un po’ troppo avvenenti per certe interminabili serate d’attesa da occupare con ingenue partite a carte. Alcuni quadri sparsi sulle pareti della casa ritraggono questi momenti notturni e l’ingenuità delle pose non trae in inganno gli osservatori più acuti. Giuseppina sapeva ad arte assecondare le stranezze di Napoleone, facile da menar per il naso come tutti i mariti. Madame fece arredare a mo’ di tende militari certe stanze del palazzo per riprodurre le atmosfere delle riunioni ai margini dei campi di battaglia. Dopo queste commedie, l’insonne imperatore si ritirava nel suo studio-biblioteca, interrompendo la notte di studi strategici con capatine nell’alcova, collegata allo studio da scalette segrete. All’alba una veloce carrozza riportava Napoleone alla severa realtà dei suoi impegni ufficiali a Parigi. I pranzi alla Malmaison erano un altro problema. Napoleone considerava i momenti trascorsi a tavola come vere e proprie perdite di tempo. Ai cuochi s’ordinavano pietanze da potersi consumare in una decina di minuti, come ad un fast-food ante litteram, con gli ospiti costretti per ragioni d’etichetta ad alzarsi quando il padrone di casa, tiranno di Francia e dell’impero, decideva d’esser sazio. L’Imperatore s’abbandonava a piccole civetterie. Alla Malmaison s’ammira oggi una collezione delle sue sciarpe e dei foulard firmati dai grandi stilisti dell’epoca. Su stoffe raffinatissime si pretendevano decorazioni sempre ispirate dalla megalomania imperiale e dalla servile adulazione dei cortigiani. In una sala del palazzo, Napoleone che era di modesta statura è rappresentato come un aitante imperatore, riccamente paludato, su un destriero impennato, “franchissant les Alpes au Grand-Saint-Bernard en 1801”, huile sur toile 2,59×2,21”, capolavoro di Jacques Louis David. La storia, come tutti sanno, non ebbe lieto fine. Giuseppina morì di polmonite alla Malmaison nel 1814. La consolava il fatto di dormire in una stanza sontuosa e in un letto superiore per eleganza a quello dell’imperatrice ufficiale, ma al momento di spirare era sola e piena di debiti nella sua piccola reggia di banlieue. La Malmaison fu anche l’ultima dimora francese di Napoleone dopo Waterloo, prima di consegnarsi al nemico per l’esilio a Sant’Elena. Rientrando a Parigi si viaggia silenziosi, quasi oppressi dopo questa malinconica visita. Napoleone in carrozza sicuramente viaggiava più veloce nei sobborghi occidentali della sua splendida capitale. Oggi si deve affrontare il traffico negli agglomerati residenziali di Reuil e di Nanterre, percorrere l’enorme anello autostradale della Defence all’ombra di grattacieli d’ottanta piani, entrare in città dopo essere passati accanto alla brutta Grande Arche di cemento bianco, scorgendo al fondo dell’Avenue de la Grande Armée l’Arco di Trionfo de l’Etoile, iniziato nel 1806 per volere di Napoleone a gloria delle armate imperiali.
Umberto Mantaut