Confesso che, dopo aver assistito inorridito all’uccisione cruenta e alla raccapricciante macellazione di un povero suino, ho continuato a peccare di gola non sapendo resistere alla tentazione di una ricca fetta di porchetta al forno. Specie nel nostro splendido Lazio e nelle fiere paesane non manca mai il banchetto del porchettaro, sempre molto frequentato all’ora della merenda e chi è senza peccato scagli la prima rosetta. Orbene, la porchetta costa relativamente poco, ma i saporiti suinetti hanno un alto costo in allevamenti dove occorrono strutture, personale e mangimi. Oggi disponiamo di una fonte di carne saporita, gratuita e inesauribile. Nelle strade dell’Urbe, un tempo caput mundi, scorrazzano indisturbate prolifiche famiglie di cinghiali. Una scrofa ha una gravidanza di tre mesi, tre settimane e tre giorni e partorisce anche una dozzina di lattonzoli per volta. Sembra che le cinghialesse non siano da meno, sicché, mentre gli italiani non fanno più figli, loro obbediscono a quel lontano “andate e moltiplicatevi”, popolando le città dopo avere occupato tutti gli spazi liberi della macchia. Basterebbe catturare un certo numero di questi graziosi animaletti per sfamare a prezzo ultrapopolare un bel numero di romani indigenti. La caccia con le doppiette è vietata a Via del Corso, ma i teneri cinghialetti sono talmente addomesticati che basterebbe una vigilessa in monopattino munita di acchiappafarfalle per riempire un ricco carniere. Gli adulti hanno un’aria meno rassicurante. Gli intraprendenti animali, specie alle fermate del 64 hanno osservato come lavorano gli scippatori. Le bestie non sono venali come noi. Per loro il denaro puzza. Non strappano la borsetta alle vecchiette accoppandole per pochi spiccioli, ma puntano alle pesanti borse della spesa delle matrone robuste di braccia, dove trovano ogni ben di Dio. Anche loro devono passare il tempo a guardare la tv e quando vedono un vip lo inseguono per chiedere l’autografo. Il cinghiale è un animale veramente democratico, non sta solo nei quartieri a cinque stelle, va anche in borgata, ma come si è detto predilige le zone dello shopping, i parcheggi dei centri commerciali con ricco reparto alimentare, senza paura di automobili, motorette, autobus e ciclisti. Nessuno di loro si lamenta delle buche e delle sterpaglie. Loro sono nati in luoghi incolti, ma privi di quella manna dal cielo che sono i cassonetti traboccanti di succulenti rifiuti. Sono organizzati più dei netturbini dopo aver lottato a lungo col sindacato dei gabbiani che avevano l’alato compito di ripulire l’Urbe di giorno, un lavoro reso poi inutile al tramonto per la pioggia di cacca degli storni. Francamente, però, sono ormai troppi. Risolto il problema dei cuccioli da trasformare in cinghialetta al forno, con punti di vendita autorizzati pure al Colosseo per i turisti golosi, bisognerebbe cacciar via buona parte dei corpulenti adulti, poiché se investiti ti mandano fuori strada e ti riducono in pezzi la macchina. Incuranti del loro grufolante protestare, respinti nell’agro romano, dovrebbero essere decimati dai cacciatori per ristabilire il giusto equilibrio faunistico, ma qui avremmo alte grida d’orrore degli animalisti da salotto che ogni dì in televisione si fanno leccare la faccia dal barboncino nano. Insomma, passare dalla porchetta alla cinghialetta sarà senza dubbio giudicata una proposta oscena.
Umberto Mantaut