Mercoledì 24 novembre 2021, Stazione di Marina di Cerveteri, ore 9,52, puntuale arriva da Civitavecchia un metropolitano non affollato, ma a bordo non è possibile mantenere le distanze di sicurezza sanitaria contro l’odiato virus covid. Qualcuno tiene la mascherina col naso libero per “respirare”. Nessun controllo, ovviamente, solo per i biglietti dopo Maccarese. Dopo mezz’ora scendo a Trastevere. Il tram numero 3 tarda 15 minuti prima di arrivare sulla piazza al suo capolinea, il manovratore si prende la pausa bar, riparte dopo altri 10 minuti, quando tutti i posti a sedere sono già occupati. Il jumbotram, secondo le indicazioni è diretto a Thordvaldsen. Fu un grande scultore danese, per carità, ma per una piazza di Roma era più semplice il nome di “Belle Arti”. Dopo tre fermate il tram è già pieno come un uovo. Giornata di sole, fa quasi caldo, non si respira. Centinaia di mascherine si sfiorano, visti i tipi a bordo, meno male che non sono possibili i baci contagiosi. Il veicolo sembra nuovo, ma sferraglia e va piano come una diligenza a cavalli. Ha corsie preferenziali, ma ogni tanto si intersecano col traffico caotico di Roma. Dopo lunghi 30 minuti si arriva a Porta Maggiore. Un controllore non controlla nessuno, ma invita tutti a scendere. Non è chiaro per quale motivo non si può procedere sui binari. C’è un bus navetta in attesa, per il momento senza autista. Tutti gli “utenti” del tram si trasformano in sardine in scatola dentro l’autobus che parte dopo un buon quarto d’ora. Al Verano qualcuno scende, forse perché già mezzo morto non di covid, ma per mancanza di ossigeno. Pochi salgono, del resto non c’è posto e le porte stentano a chiudersi. Lungo Viale Regina Margherita l’autobus 3 sembra il barcone di Caronte che rulla e beccheggia nel traffico fra un semaforo e l’altro. Piazza Ungheria si presenta come una specie di Lampedusa, quasi tutti sbarcano, anche i minori non accompagnati. Il bus si solleva sulle sospensioni e sembra volare giù lungo il viale dello zoo. Ultima fermata “Galleria d’Arte Moderna”. Sembra strano, ma ogni tanto un pazzoide decide di passarci qualche ora per rivedere capolavori, che in parte lasciano perplessi. Scalinata inondata dal sole, deserta, ingressi aperti con un solo addetto ai controlli che sembra stupito nel vedere qualcuno avvicinarsi. Inizia un balletto di controlli minuziosi: metal detector per il borsello, controllo della temperatura con pistola puntata in piena fronte, 36,5, nonostante il caldo sui mezzi affollati, green pass da cellulare controllato mediante un’apposita app . Biglietto da 10 euro con cassiera visibilmente assonnata per la lunga attesa di un visitatore. Però lei raccomanda l’uso della mascherina per tutto il tempo della visita e rispetto della distanza di 2 metri dagli altri fruitori inesistenti. Le sale sono immense con poche opere ciascuna per meglio evidenziare i capolavori dell’arte moderna. Ogni tre o quattro sale un custode sta accasciato su una sedia in un angolo. Allora è meglio evitare di far scendere l’orlo della mascherina per assumere un po’ d’aria fresca. Si rischia un richiamo, forse con multa. Chissà quante molecole di virus aleggiano in quei vasti ambienti vuoti. A fine visita uno spuntino al bar con giardino esterno. Sorpresa, una decina di giovani stanno intorno a un basso tavolo a prendere l’aperitivo, ovviamente senza mascherina finalmente. Il tempo magnifico invita ad una passeggiata pomeridiana nella vicina Villa Borghese, c’è folla ben distanziata senza mascherine, anche intorno al laghetto sulle barchette e nei locali di ristoro. Per il rientro meglio evitare come la peste i terrificanti autobus romani. Il metrò, almeno, viaggia veloce. Inutile dire che, essendo ormai l’ora di punta, nei treni non si respira ed è meglio data la puzza e la sicura “morbilità” atmosferica. Una folla impressionante s’accalca nei corridoi sotterranei e sulle scale mobili alla stazione Termini dove corrispondono le linee A e B. Alla Piramide hanno chiuso il passaggio diretto ai treni di Ostiense. Bisogna uscire e attraversare all’aperto il grande piazzale della stazione ferroviaria. Una lunga fila di persone attende fuori di un centro per le vaccinazioni. Meno male, forse la trovata del green pass, che potevano benissimo chiamare carta sanitaria, sta convincendo i kamikaze del covid ad evitare la terapia intensiva a carico dei contribuenti e limitare il lucro delle imprese di pompe funebri. Nella sera già freddina, puntuale e affollato arriva il metropolitano FL5 per tornare a Marina di Cerveteri. A bordo a stretto contatto di gomito, tutti con mascherina, qualcuno tossicchia, ma come ben si sa il raffreddorino è un frutto di stagione.
Umberto Mantaut