Uscire da Bangkok in automobile verso nord non è impresa facile. Ci si perde in un groviglio di sopraelevate che scavalcano gli sterminati sobborghi di catapecchie della metropoli, che i locali chiamano Krung Tep, la città degli angeli, che di angelico non ha davvero molto. Poi si passa dal traffico caotico della grande città alle quiete strade della provincia rurale dai paesaggi idilliaci, sebbene oppressi dalla calura tropicale. Lo scopo del viaggio è la visita dei principali parchi archeologici dell’antico Siam, protetti dall’UNESCO dal 1991 per la loro straordinaria importanza. Poco prima di giungere fra le rovine di Ayutthaya, in una campagna ricca di canali e specchi d’acqua, si passa dal “luogo dell’incontro”, Bang Pa In, che narra ancora la storia romantica di un principe che innamoratosi di una dama misteriosa ne fa la sua sposa segreta ed erige in suo onore un delizioso complesso d’edifici in stile thai ed italofrancese, in una curiosa ed elegante combinazione. Nel 1767 le orde birmane rasero al suolo Ayutthaya, la splendida capitale del Siam, considerata la Parigi d’oriente. Gli abitanti furono massacrati o deportati e solo alcuni riuscirono a rifugiarsi sulle terre lagunari intorno alla foce del Chao Phraya, fondando prima Thonburi e poi Krung Thep, oggi chiamata Bangkok dagli occidentali. Un’immensa opera di restauro e recupero non ancora ultimata e non sempre felice tenta di rimettere in piedi una piccola parte dei monumenti della gloriosa città morta e la sua visita desta commozione. Lontano da Bangkok è necessario avere una guida, poiché la lingua thai è difficilissima, pochi conoscono altre lingue e nel nord le cose si complicano con decine di dialetti tribali. Durante la visita agli scavi d’Ayutthaya, le spiegazioni di un esperto sono essenziali per “leggere” i messaggi della straordinaria storia antica e dell’architettura del Siam, troppo lontane dalla nostra mentalità eurocentrica. Questa grandiosa capitale di regno fu fondata nel 1351 su un’isola in parte artificiale originata dalla chiusura a nord, mediante un canale, delle confluenze di tre fiumi: Chao Phraya, Lopburi e Pa Sak. I siamesi di Ayutthaya godevano di notevole prosperità per i commerci con Cina, Giappone, Paesi Arabi ed Europa. Il massimo splendore fu raggiunto nella seconda metà del 1600. Dopo lo scempio compiuto dalla Birmania, nemico acerrimo del regno siamese, rimangono alla nostra ammirazione le rovine dei grandiosi palazzi reali e dei numerosi templi, qui chiamati Wat. Da questa visita si riparte ammutoliti. Le campagne intorno contribuiscono a riportarci indietro di secoli. L’agricoltura delle pianure consente fino a tre raccolti annui di riso, ma l’uso d’aratri primitivi con l’aiuto dei bufali d’acqua mantiene troppo bassi i livelli medi di produzione. L’economia della Thailandia è in via di sviluppo, ma con disarmonie e inconvenienti gravi. Il “popolo degli uomini liberi”, significato che si condensa nella pargoletta cinese “thai”, ha conosciuto una storia travagliata. A Phitsanulok s’incomincia ad avvertire la distanza da Bangkok nell’autentica Thailandia di provincia. La gente vive nelle barche o su chiatte di bambù lungo il fiume Nam che attraversa la città. C’è una miseria dignitosa accompagnata da una vivace attività commerciale che si svolge in un’atmosfera allegra e comunicativa. Al Rajapruk Hotel di Phitsanulok, 99/9 Pha Ong Dum road, finalmente, un vero pasto thai: una zuppetta con erbe deliziose, riso bianco con carni di pollo, maiale e bovino cotte al vapore o alla brace, germi di soia e arachidi, verdure appena scottate, salse mozzafiato, pesci e crostacei di fiume, frutta e certi dolcetti prelibati. Tutto è servito a pezzettini in ciotole o piattini, perché i tailandesi trovano assai sconveniente l’uso del coltello a tavola. Tale posata non si mette mai ed anche il tavolo scompare nelle regioni del nord dove si mangia seduti per terra su cuscini, tenendo le gambe incrociate, allietati dalle danze e dalle musiche tradizionali, bevendo l’ottima birra locale di marca Singa che significa leone. A pochi chilometri da Phitsanulok si trovano le rovine della più antica capitale thai, il cui nome era Sukkothai, già fiorente un secolo prima di Ayutthaya. Un’impressionante selva di colonne fa pensare d’essere al cospetto del Foro romano d’oriente. Tuttora, il parco archeologico rivela che Sukkothai era una città giardino cinta da mura difensive. I grandi edifici reali e i 21 what della capitale si ispirarono all’architettura khmer. Impressionante il grande Wat Mahathat che era anche la cappella reale. Sukkothai, come Roma, era dotata di grandiosi sistemi di alimentazione idrica ed era forse più ricca di verde pubblico per il culto thai nei confronti delle specie botaniche locali. Anche in questo sito archeologico protetto fervono tuttora lavori di scavo e restauro. Ancora più a nord, Lumphum vanta un chedi tutto d’oro. In quel tempio si ammirano affreschi naif con la storia di Buddha, tanto simile a quella di Cristo da lasciare assai perplessi. Ormai, la grande pianura è stata lasciata alle spalle, con il suo clima malsano e la monotonia dei paesaggi di risaie. A settentrione si affrontano notevoli alture e tutto l’ambiente assume aspetti nuovi e sorprendenti entrando nella provincia di Chiang Mai. Il capoluogo dal nome che significa città nuova, è chiamato anche “la rosa del nord”. E’ un centro gradevole in una conca fra i monti, attraversato dal bel fiume Mae Ping.
Umberto Mantaut