Tappati in casa per decreto, a momenti rossi di rabbia e a tratti gialli di bile, stiamo perdendo la cognizione del tempo. Un secolo fa, oppure solo una quindicina di mesi fa, una figlia di vichinga fece invaghire un principe che le offrì una traversata atlantica in barca a vela. Da un molo di Manhattan, baciato il sacro suolo della Grande Mela, la piccina salì sul pulpito di una prestigiosa quanto inutile istituzione internazionale per annunciare la triste novella. Dritta in piedi, più sulle treccine che sulle esili gambette, con le gote arrossate dalla rabbia e le lacrime agli occhi, ci disse che noi tutti “brutti e cattivi” siamo destinati a morire arrostiti in un gigantesco forno a microonde. Non parlò di forni crematori, i quali, a parte l’aspetto morale e il cattivo gusto, sono non solo innominabili ma anche altamente inquinanti. Come tutti coloro che abbandonano troppo presto la scuola e non leggono mai un libro, la pupa crede di sapere tutto e spazia dalla climatologia alla chimica, dalla sociologia alla geografia fisica. Ha spiegato che l’Homo cattivo sta brutalmente violentando la madre Terra allargandole sadicamente il buco dell’ozono, ha deviato la corrente del golfo trasformando la Groenlandia in un’isola dall’eterna primavera, meglio di Tenerife, ha mutato il Mar glaciale artico in una bagnarola tiepida peggio dell’Adriatico a ferragosto. A Rimini stiamo coltivando banane e da Cortina si esportano manghi e noci di cocco. Il riscaldamento globale rende inutile l’allevamento delle pecore. Invece dei maglioni di lana ci copriremo tutti con ridotti costumi da bagno trasparenti e di seta pura, mentre sono bandite le foglie di fico in difesa della vegetazione minacciata dalla mano sacrilega dei peggiori bipedi comparsi sul pianeta per un errore nel ciclo evolutivo darwiniano. Schiumando di rabbia la donzella scandinava ha riempito le piazze di giovani, contenti di marinare la scuola per qualche giorno, convinti di poter evitare che il pianeta faccia la fine di una scamorza affumicata. Non capisce la pia che basta una sola eruzione dell’Etna per produrre una nuvola di vapori velenosi equivalente al fumo di tutti i sigari toscani e cubani fumati nel mondo in tre secoli da quei viziosi dei tabagisti. Si arriva così a questo “febbraro corto e amaro”. Le vecchie stagioni hanno ripreso ad alternarsi come nei bei tempi andati, sicché nell’emisfero nord siamo in pieno inverno e negli azzurri mari australiani, sotto un sole cocente, si svolgono stupende gare veliche internazionali. Pensavamo che l’ultimo iceberg fosse stato quello famoso che affondo il mitico Titanic, invece si scopre che dal ghiaccio che ancora attanaglia il Polo nord un ventaccio di tramonta o buriana sta spazzando il settentrione del vecchio e del nuovo continente. Nevica sull’Acropoli di Atene, nel Texas, come in Alaska, senza catene si va a sbattere sulle autostrade, sulle Alpi mai vista tanta neve, ironia della sorte proprio quando sono vietati gli sport invernali, fa freddo pure a Lampedusa dove gli scafisti ci portano dei poveretti in ipotermia, i barboni di Milano muoiono assiderati, sulla Plaza Mayor di Madrid si pratica lo sci di fondo, la cupola d’oro della grande moschea di Gerusalemme appare tutta bianca. Intanto la bimbetta, ormai affettuosamente chiamata da tutti col diminutivo di Gretina, ha raggiunto la maggiore età e, tornata a Stoccolma, limita le sue stoccate. Non vorremmo apprendere la triste notizia che la Cassandra del riscaldamento globale sia finita nella lista dei surgelati con la coda di gambero australe fra le gambe. Brrr e Ah, ah, ah!!!!
Umberto Mantaut